13 settembre 2015 – IN CANSIGLIO ALLA RISCOSSA

Nel 71° Anniversario del rastrellamento del Cansiglio la Sezione Sette Martiri di Venezia, insieme ai compagni della Sezione Erminio Ferretto di Mestre, ha preso parte alle celebrazioni. Pubblichiamo qui la splendida, appassionata e rigorosa orazione ufficiale del Presidente dell’ANPI provinciale di Treviso, Umberto Lorenzoni, nome da partigiano Eros, nonché le ingiuste polemiche che ha suscitato e alcuni dei numerosi attestati di solidarietà a Eros susseguitisi nei giorni successivi, compreso il nostro!

 

 

 

 

Le immagini del corteo e della cerimonia:

Discorso di Umberto Lorenzoni – presidente ANPI comitato provinciale di Treviso

Anche quest’anno antifascisti e partigiani, ci ritroviamo quassù a Pian Cansiglio, ai piedi di questo monumento, per onorare i Caduti della Divisione Garibaldi “Nino Nannetti” e con loro tutti i partigiani, che sono Caduti per riconquistare la libertà e per riscattare l’Italia dalla dittatura e dall’oppressione nazifascista.
Lo facciamo oggi, a settant’uno anni dal grande rastrellamento del settembre 1944 quando il ricordo di quegli eventi pian piano si affievolisce e il numero dei protagonisti di quella meravigliosa pagina di storia, scritta dalla guerra partigiana, si assottiglia di anno in anno.
In vent’anni di dittatura, sotto la finzione di un ordine di cartapesta, il fascismo aveva regalato al popolo italiano, autarchia, guerre di aggressione, leggi razziali contro i cittadini di religione ebraica, la perversa alleanza con il nazismo, che lo aveva trascinato nella fornace della seconda guerra mondiale ed infine la catastrofe.
Il 25 luglio 1943 quel regime si accasciò, sotto il peso delle sconfitte militari e nei quarantacinque giorni che seguirono, il governo Badoglio, con i suoi smarrimenti, i suoi tentennamenti, le sue ambiguità, dimostrò a quale punto di squallore politico il fascismo e la monarchia avessero ridotto l’Italia.
Si arrivò così all’armistizio dell’8 settembre con il Paese moralmente fiaccato, materialmente distrutto e con una parte del Sud già occupata dagli angloamericani. Questo fu l’avvio di una immensa catastrofe, che si consumò con il collasso delle strutture politiche, militari e civili dello Stato, così ben evidenziato dalla fuga ignobile del Re e di Badoglio, dall’abbandono della Capitale a se stessa, dal tracollo degli alti comandi militari, che non avevano predisposto alcun piano per fronteggiare la prevedibile reazione tedesca e che si materializzò anche con la liberazione di Mussolini e la nascita della repubblica di Salò, i cui aderenti si misero subito al servizio degli invasori.
Così tutta l’Italia, a nord di Salerno, finisce in mano alle truppe germaniche e le forze armate italiane si dissolvono o si arrendono. Oltre 650.000 militari italiani vengono catturati e deportati, su vagoni piombati, in Germania, dove daranno prova di grande dignità e di alto senso della Patria, rifiutando le lusinghe dei gerarchi fascisti, che li volevano in Italia per combattere, nella repubblica di Salò, al servizio dei tedeschi.
In questa difficilissima situazione, il 9 settembre, i partiti antifascisti danno vita al C.L.N. “per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza e per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere Nazioni”. Unità del nostro esercito, in molte località del territorio italiano, si oppongono spontaneamente all’invasione e a Porta S. Paolo a Roma, molti civili imbracciano le armi e si uniscono ai nostri militari in una disperata difesa della Capitale. Fuori dai nostri confini nazionali, nelle isole dell’Egeo si resiste pervicacemente alla pressione tedesca fino a culminare nell’epopea di Cefalonia dove la Divisione Acqui, con libera scelta combatte contro i tedeschi fino all’estremo sacrificio, mentre in Grecia e in tutti i Balcani migliaia di nostri militari scelgono la strada della guerriglia e unendosi alle locali formazioni partigiane, da truppa di occupazione diventano combattenti per la libertà di quei popoli. Nel frattempo, una parte degli ufficiali dell’esercito, sfuggiti alla deportazione, si incontrano lungo le vallate e sui monti e cercano di organizzare gli sbandati per dar vita, unendosi agli antifascisti, ai primi gruppi ribelli.

Tutti questi avvenimenti, che trovano origine nell’armistizio, testimoniano la volontà di riscossa degli italiani dal nuovo fascismo e dall’invasione tedesca e anticipano una resistenza molto più vasta e diffusa: la guerra partigiana per liberare il Paese.
E se i protagonisti del nostro Risorgimento sono stati gli uomini più illuminati della nobiltà e della borghesia di allora, protagoniste della guerra partigiana sono le classi popolari, perchè avevano intuito che quella era la strada, non solo per conquistare la libertà e la democrazia e non riceverle in dono da un vincitore straniero, ma anche per realizzare una nuova idea di Patria, meno elementare, meno fisica, meno geograficamente delimitata, nella quale riconoscersi non soltanto per una comune origine, ma soprattutto per un tipo di società basata sui valori dell’uguaglianza, della giustizia sociale, della solidarietà e della pace.

[continua]

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