72° Anniversario dell’Eccidio dei Sette Martiri

Foto di Nicola Tognon

Fotografia di Nicola Tognon

La Sezione Anpi 7 Martiri ringrazia l’amministrazione comunale che anche quest’anno ha collaborato per la riuscita di questa giornata e si presenta al nostro fianco.
Ringraziamo la municipalità di Venezia Murano Burano che è sempre stata in prima fila a sostegno degli interessi della cittadinanza e del suo diritto a partecipare alla gestione della cosa pubblica.
Un ringraziamento particolare ai Partigiani presenti che continuano anche così la loro lotta e testimoniano la fiducia in quanti loro stessi hanno delegato a continuarla.
Grazie a tutti i cittadini presenti ai quali, come rappresentante dell’Anpi in città voglio dire che troveranno la nostra sezione sempre in prima fila nelle campagne antifasciste e nella difesa della Costituzione da ogni tentativo di svuotarla del suo significato universale e che va oltre i tempi.
Il ritorno ideale a quell’estate del ‘44 si conclude qui sulla riva che ha preso il nome dai sette giovani trucidati dai tedeschi di fronte a 500 abitanti di Castello obbligati ad assistere allo scempio: Aliprando Armellini, 24 anni, di Vercelli, partigiano; Gino Conti, 46 anni, animatore della Resistenza a Cavarzere; Bruno De Gasperi, 20 anni, e i fratelli Alfredo Gelmi, 20 anni, e Luciano Gelmi, 19 anni, di Trento renitenti alla leva, Girolamo Guasto, 25 anni, di Agrigento; Alfredo Vivian, 36 anni, veneziano, comandante militare partigiano.
Siamo partiti da via Garibaldi come da tradizione, ma vorrei proporre di riportare idealmente l’inizio di questo cammino verso il carcere di Santa Maria Maggiore, da dove quei prigionieri vennero prelevati, impegnandoci così ad immaginare ed accompagnare i loro pensieri sulla strada del sacrificio, sul significato del loro così breve passato, sulle loro ultime accorate speranze in un futuro che non avrebbero visto e che con la fiducia degli impotenti affidavano a noi. Un cammino verso una morte che però, proprio per questo, più che nel buio dell’ignoto, vedevano nella luce vivida della ribellione all’oppressore.
Furono il loro rifiuto del conformismo, il non voler rinunciare a fare opposizione, il non accettare che critica e diversità di opinione venissero presentati come un ostacolo alla speditezza delle decisioni del governo, loro che sognavano la vivacità della dialettica democratica, fu la loro fede nella libertà dell’uomo a condannarli ad una morte ingiusta e feroce.
Il loro fu il sacrificio di persone che avevano creduto di poter esprimere il dissenso verso un regime che lo impediva con il carcere, il confino, la tortura, l’eliminazione fisica.
Per essere degni dei loro patimenti, dobbiamo perciò continuare la loro lotta seguendo quelle convinzioni.
È significativo anche rimarcare che la loro fucilazione fu conseguenza dell’obbedienza dell’Italia ad un potere esterno, la Germania del Reich, alla quale la dittatura fascista si era già mostrata succuba con la condivisione delle leggi razziali e alla quale, in quel momento di disfacimento del regime consegnava il potere di disporre del territorio italiano e dei suoi cittadini.
Fu anche per l’indipendenza da subalternità di ogni genere che donne, militari, operai, intellettuali dissenzienti, sacrificarono la loro vita. Quella stessa indipendenza da poteri esterni che anche oggi dobbiamo perseguire e difendere. Libertà, quindi, indipendenza anche, ma in un mondo di pace.
Quella pace che ancora oggi, viene messa in crisi dal cinismo di chi produce e vende armi, guerrafondai che, nel razzismo, nell’intolleranza, negli estremismi ideologici, nei movimenti fascisti, trovano i loro sostenitori più accaniti, le loro pedine più manipolabili, la loro manovalanza.
Guerre indotte da una finanza immorale che ci consegna morti per fuga e per ritorsione, morti innocenti ignorati, morti annegati, bombardati o falciati dalla furia terroristica: accidenti insignificanti sul percorso dell’accumulo di capitali immensi e potere sconfinato.
Di fronte a questi morti, dovremmo tornare, con umiltà e convinzione, alle aspettative dei giovani che, su questa riva, furono sacrificati.
Il loro ricordo avviene in questo in questo luogo che è la tappa finale di un percorso che questa ricorrenza ripresenta come prezioso per la formazione della coscienza repubblicana e democratica e, quindi, della consapevolezza che, se c’è fascismo, non può esserci la democrazia predisposta dalla nostra Costituzione, perché essa nacque dall’abbattimento di quella dittatura.
Questo stesso percorso perciò è necessario e attuale perché si impedisca la cancellazione del ricordo e con essa la revisione e la riscrittura di eventi che vanno ricordati per spiegare la storia. Un pericolo che è in agguato da sempre.
Ci torna a mente la testimonianza di un nostro Partigiano, nome di battaglia “Venezia”, che racconta che, al rientro a Cannaregio nel giugno 1945, solo due mesi dopo la Liberazione, il clima era già cambiato, il suo fazzoletto rosso della Divisione Garibaldi veniva già visto come un’esibizione quasi inopportuna, in un clima di già iniziale revisione.
Una revisione che sta spingendo anche troppo apertamente in superficie, ma più pericolosamente con correnti di profondità, perché si riprenda a considerare il fascismo come una componente lecita della società, mentre è la contraddizione di tutti i valori che la Costituzione del 1948 vuole affermare.
Molti sono gli episodi che dimostrano questa tendenza. Citerò i più recenti.
11A Noventa Vicentina la Giunta comunale ha deciso di intitolare una strada a Giorgio Almirante, redattore capo del periodico “La Difesa della Razza” e volontario della Repubblica Sociale Italiana.
A Riccione, dove l’Anpi locale ha organizzato la pastasciutta del 25 luglio per ricordare quella dei fratelli Cervi che così festeggiarono la caduta del regime si è sentito il commento di una discendente del dittatore che ci dà dei nostalgici. E che dichiara: “Svegliatevi, il mondo è cambiato”.
A Rubano, un cittadino – partendo dal presupposto che l’apologia del fascismo in Italia è un reato in base alla legge Scelba del 1952 – ha segnalato ai carabinieri, alla Procura della Repubblica e alla Prefettura la presenza di alcuni manifesti affissi nelle bacheche pubbliche dal Movimento Fascismo e Libertà.
Rappresentare questo nostro insistere nel ricordare come fede nostalgica in un passato di cui liberarsi, rischia di prendere forza in presenza di molte istituzioni dello Stato distratte, istituzioni da cui cui non abbiamo segnali di riprovazione e di condanna, di sdegno o di ribellione nei confronti di questa progressiva rilegittimazione del fascismo. Non sentiamo quello che ci aspetteremmo di sentire, che cioè, riguardo al giudizio sul fascismo, niente potrà cambiare. Noi intanto, almeno per parte nostra, anche in questa occasione lo ripetiamo e lo ribadiamo. Credo che, soprattutto in giorni come oggi, dobbiamo interrogarci se è giusto che si celebrino queste ricorrenze senza denunciare ad alta voce il pericolo che il sacrificio dei Martiri, per i quali ci raccogliamo commossi, possa essere vanificato dall’indifferenza delle istituzioni o addirittura rinnegato dal generale silenzio.
Intanto parallelamente a questa acquiescenza, assistiamo ad una modifica profonda della nostra Costituzione e noi, come Anpi, non possiamo non collegare le due preoccupazioni.
Una revisione avviata già nel 1950 quando Calamandrei denunciava un fronte coeso e concorde nel frenare il cambiamento verso quel nuovo umanesimo progettato dai Costituenti; un lento percorso di restaurazione che, dopo la stagione dei diritti degli anni 70, ha ripreso forza per riappropriarsi delle vittorie che la società dei cittadini aveva ottenuto.
Quella deriva ancora oggi continua con le trasformazioni della Costituzione che sono state realizzate e che, da cittadini, dovremo respingere nel referendum del prossimo autunno perché queste modifiche creano condizioni che sbilanciano in senso autocratico la forma di governo e rischiano di replicare esperienze disastrose che la lotta Partigiana ha inteso impedire per sempre.
Il cammino che abbiamo fatto oggi, infine, ci dice anche che tutti i luoghi della città, intitolati ad eroi della Resistenza, non possono essere profanati nell’essere concessi a formazioni politiche che si ispirano e ripropongono comportamenti di eversione, intolleranza, discriminazione, prepotenza, violenza sul diverso. Purtroppo questo sta avvenendo per superficialità o miopia anche nel nostro Comune. Per questo abbiamo richiamato e richiameremo sempre i nostri rappresentanti all’impegno assunto verso i valori della Costituzione su cui essi giurano ed al massimo rispetto per i morti che oggi, insieme, ricordiamo.
La celebrazione della Resistenza non è passatismo, non è conservazione: è riproporre nel presente che sta dimenticando quei valori, le idealità alte e nobili che hanno sostenuto quei nostri eroi nell’ora del martirio. Perciò più che mai : Ora e sempre, Resistenza!

Gianluigi Placella, Presidente della Sezione ANPI 7 Martiri


Buonasera, sono Gabriele Piasentini, vicepresidente del Consiglio di Municipalità di Venezia Murano Burano. Ringrazio tutti voi e l’Anpi che mi avete permesso di essere qua in questa giornata di memoria.

È una grande emozione essere qui a rappresentare la Municipalità per la commemorazione dell’eccidio dei 7 Martiri.

Durante la guerra, durante l’occupazione nazista, in questa riva, furono assassinati 7 italiani, 7 uomini che avevano deciso di opporsi, di combattere, di non chinarsi alla dittatura. Loro, come tanti altri, furono vittime dei regimi nazisti e fascisti. In Italia, negli anni successivi, si è combattuta una guerra tra fascisti e antifascisti, e quest’ultimi hanno prevalso.

È il loro sacrificio che ha contribuito alla nascita della nostra democrazia moderna. Tutti noi gli dobbiamo tanto. Tutti gli italiani e le generazioni future gli dovranno tanto.

AAEAAQAAAAAAAAWzAAAAJGQzOWUxYzJmLTYyYmItNDU3NC1iMDhmLTc3MDU2MmM4OTI1MQMi piace ricordare una frase di Vittorio Foa, partigiano, che secondo me sintetizza la piena differenza tra le due parti della guerra. Vittorio era a colloquio con un suo collega senatore del MSI, Giorgio Pisanò, ex soldato della RSI, il quale disse “In fondo eravamo tutti patrioti… Ognuno di noi aveva la patria nel suo cuore”, gli risponde “Un momento. Se si parla di morti, va bene. I morti sono morti: rispettiamoli tutti. Ma se si parla di quando erano vivi, erano diversi. Se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore”. È questa la differenza. Permettere a tutti di esprimersi, di essere liberi. La sconfitta del fascismo ci ha unito. Ha permesso a tutti gli italiani di vivere liberamente, di vivere senza paura, senza terrore, senza dittature.

La mia generazione è nata ed è cresciuta libera, le testimonianze e le memorie ci sono state tramandate dai nostri nonni. Tutti noi sappiamo che la nostra libertà, la libertà dell’Italia e degli Italiani, è stata la conquista più importante del ventesimo secolo per la nostra Nazione. Da questa libertà sono scaturiti altri grandi pilastri fondanti per il nostro Paese: la nostra Repubblica nel 1946 e la nostra Costituzione nel 1948.

È da questi atti che è nata la nuova Italia, l’Italia libera, l’Italia democratica, l’Italia unita. Unita, perché nonostante le diverse idee, le diverse azioni, siamo un popolo unito, a tutti è permesso di manifestare, di esprimersi, di vivere liberamente. È questa la forza dello Stato nato dalla vittoria dell’antifascismo. Accogliere e proteggere tutti.

La fondazione della Repubblica e la Costituzione sono espressione di tutto il popolo italiano. Dalla Repubblica nata nel dopoguerra è nata la nostra Costituzione. La Costituzione non è di un individuo, è di tutti noi. È nata dall’unione di molte forze politiche, non dalla loro divisione. È nata per unirci non per dividerci. Essa garantisce a tutti, governi e soprattutto opposizioni, libertà di pensiero e di espressione, perché la Costituzione è antifascista e tutti devono essere difesi e rappresentati. Essa è nata con l’intenzione di decentrare i poteri, non di accentrarli, perché solo così vi è il controllo di tutti noi cittadini. Infatti siamo noi italiani, noi popolo italiano, i suoi protettori, e così come i partigiani hanno combattuto per la libertà, noi dobbiamo difendere la nostra Costituzione. È questa la sua forza e la sua essenza, siamo noi italiani i suoi garanti. Chi usa la costituzione per dividere, disgrega tutto il popolo italiano e non ha capito il senso, il significato, dell’essere partigiano.

Gabriele Piasentini, vicepresidente del Consiglio di Municipalità di Venezia Murano Burano


Care concittadine e Cari concittadini, (saluti del sindaco e della giunta) rappresentanti delle associazioni dei combattenti e dei reduci di guerra, delle associazioni partigiane,
la Storia ci insegna che dove regnano la paura e l’odio, dove la libertà e la dignità delle persone vengono calpestate, l’uomo perde la sua identità e si trasforma non più a Sua immagine e somiglianza.
Quando questo accade, la spirale della violenza si amplia a dismisura; il sospetto avvelena gli animi e impedisce di vedere le cose come stanno; la ritorsione diventa l’unica regola, con la sua illusione perversa di “pareggiare i conti” aggiungendo morti ai morti.
All’alba di 72 anni fa, in questo luogo, 7 vite venivano immolate in nome di una malata logica di sopraffazione: 7 figli sacrificati per vendicare la morte di una sentinella della Marina tedesca che, oggi lo sappiamo, non era stata uccisa in un’imboscata ma era annegata perché caduta in acqua ubriaca.
I 7 giovani martiri subirono un doppio tragico torto: dopo aver perso la libertà ed essere stati rinchiusi in carcere per aver coraggiosamente espresso i propri valori, successivamente furono sacrificati per un crimine mai commesso. La violenza cieca rende ciechi, confonde la realtà dei fatti, fa vedere il male anche dove non c’è, spinge a vedere un nemico in ogni persona che ha un’opinione diversa dalla nostra.
Sette vite spezzate, simbolo di tutti coloro che combatterono per opporsi alla barbarie, perché l’Italia diventasse il 19Paese libero e democratico che noi oggi conosciamo e che stiamo ancora costruendo. Sette morti tragiche che ancora oggi, dopo tanti anni – e siamo qui a
testimoniarlo – ci toccano il cuore e ci insegnano qualcosa.
La violenza cieca rende ciechi, confonde la realtà dei fatti, fa vedere il male anche dove non c’è, spinge a vedere un nemico in ogni persona che ha un’opinione diversa dalla nostra. (rip. 2 v.)
Una lezione preziosa, che viene dal passato ma è valida ancora più oggi, in un tempo, come quello in cui viviamo, in cui il male sembra avere il sopravvento e la tentazione di rispondere alla violenza con la violenza non deve diventare la giustificazione.
Fare memoria di queste 7 vittime dell’odio sia per tutti un’occasione per riflettere su ciò che è stato e per interrogarci su quanto siamo disposti a fare, in prima persona, per difendere la democrazia, garantendo ad ogni donna e uomo, nel rispetto delle regole, la libera espressione del proprio pensiero. Le diversità devono trovare un punto d’incontro attraverso lo strumento del dialogo, favorendo in questo modo la coesione sociale. Il valore della democrazia trovi attuazione nella pratica della giustizia e della verità, uniche garanzie di una convivenza davvero civile.
Il sacrificio dei 7 martiri sia un monito per tutti per ricordarci che il futuro della nostra città, del nostro Paese, dipende anche da noi, dalle scelte che facciamo ogni giorno, da come decidiamo di rispondere alle sfide che la vita ci presenta. Le lezioni della Storia ci insegnino a vivere da uomini e donne degni perché siamo parte del creato.
L’assuefazione al male è un pericolo dal quale ci dobbiamo guardare, sempre, e non deve diventare una giustificazione, perché è proprio là, dove trova persone che si voltano dall’altra parte, che esso trova il terreno più fertile per crescere.
Con rinnovata speranza, Viva la libertà viva la democrazia.

Massimiliano De Martin, assessore all’Urbanistica del Comune di Venezia


 La Nuova Venezia 4 agosto 2016

Il Gazzettino - 4 agosto 2016

Un ringraziamento particolarmente sentito al Circolo Ricreativo-Culturale “3 Agosto” per aver effettuato la pulizia del Monumento alla Partigiana in Riva dei Sette Martiri, incombenza necessaria all’approssimarsi della cerimonia e svolta per lo più da volontari.

Circolo Ricreativo-Culturale 3 Agosto

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