Mario Bonifacio ricorda Gianmario Vianello

Oggi ricorrono 98 anni dalla nascita di Gianmario Vianello, partigiano, politico e poeta. Pubblico integralmente un lungo e appassionato ricordo, un racconto a mio avviso da leggere per meglio conoscere una personalità di spicco della nostra Città e una persona, mio zio, che ho frequentato e conosciuto meglio insieme alla meravigliosa zia Alba negli anni della mia maturità. Gianmario, nome di battaglia “Piero”, mi ha insegnato molto con stile, intelligenza, ironia. In foto Alba, Gianmario, Nilde Jotti e Palmiro Togliatti.
Davide Federici

GIAN MARIO VIANELLO politico e dirigente della Resistenza*
Mi trovo a sostituire il sen. Marcello Basso, presidente provinciale dell’ANPI, che più di me sarebbe stato adeguato a ricordare Gian Mario. Infatti per la sua statura intellettuale e politica avrebbe dovuto essere ricordato da qualcuno alla sua altezza come ad esempio dal sindaco di Venezia Massimo Cacciari che al suo funerale nominando anche altri grandi dirigenti della Resistenza e della politica come Momi Federici, Cesco Chinello e Gianni Pellicani aveva detto : “Più ricordo questi amici più dubito che saremo alla loro altezza”.
Anzitutto un breve cenno biografico su Gian Mario. Era del 1923 perciò una delle classi più disgraziate in quanto più direttamente coinvolte nelle vicende della guerra e della Resistenza. Egli matura convinzioni antifasciste già dai banchi della scuola. Questo non era ne semplice ne facile allora. Certamente dopo i 15-16 anni quando cominciavano ad affermarsi convinzioni personali e ci si addentrava nella cultura, parecchi giovani si accorgevano che quello che ci avevano insegnato nella scuola fascista suonava falso, e c’era anche stanchezza per il cumulo di carnevalate alle quali dovevamo partecipare, ma non era facile sfuggire ai condizionamenti della propaganda imperante.
Gian Mario matura convinzioni liberali richiamandosi all’insegnamento di Croce , De Ruggero, ecc. Convinzioni liberali che però diventano idee comuniste soprattutto con la lettura del “Manifesto dei comunisti” di Marx ed Engels del 1848. Per i giovani studenti che allora ebbero l’occasione di incontrare quel testo esso risultò illuminante e determinante. (Io lo ho trovato allora in appendice ad un testo di diritto costituzionale dell’Università di Padova . Conteneva le diverse Costituzioni di vari stati e per l’Unione Sovietica , della quale evidentemente non avevano il testo della costituzione del 1936, avevano inserito il “Manifesto”. Ovviamente quel testo me lo aveva prestato un “vecchio” comunista.)
La maturazione in senso antifascista dei giovani subì un’ accelerazione con la constatazione del disastro della guerra che svelò in pieno l’inganno del fascismo che ci aveva fatto credere che eravamo i più preparati, i più forti, i più potenti, i primi nel mondo, destinati a dominare il Mediterraneo “Mare nostrum”, come Roma 2.000 anni prima aveva dominato il mondo allora conosciuto. Perciò reazione alla criminale leggerezza con la quale il fascismo ci aveva portato in guerra , il cui andamento fa aprire gli occhi a quella generazione che era stata fascistizzata dalla scuola del regime.
Gian Mario trova agganci con amici che la pensano come lui. Formano un gruppo che poi sarà pronto ad entrare nella Resistenza. Si iscrive a Storia e Filosofia all’Università di Padova, anche lui va ad ascoltare le famose lezioni di Concetto Marchesi e partecipa alla storica manifestazione per l’inaugurazione dell’anno accademico 1943-44 quando gli studenti respingono il tentativo dei fascisti di impedire l’intervento del Rettore.
Le sue convinzioni si rafforzano anche durante i corsi estivi per diventare ufficiali di complemento, erano una specie di servizio di leva a rate, essi furono occasione importante di contatto e conoscenza con giovani di altre zone e che a loro volta avevano maturato idee antifasciste.
Ripetiamo che la svolta decisiva nella sua maturazione politica fu la lettura del “Manifesto” che lo induce a contattare Giuseppe Turcato allora uno degli organizzatori del movimento comunista clandestino a Venezia, particolarmente tra i giovani, anche se Turcato non era più giovanissimo. (La figura di Turcato sarà ricordata nel prossimo incontro di questa serie ed in questa sede tra due settimane.)
Scrive Gian Mario : “ Dal 1944 al 1990, militando nel PCI in letterale continuità con l’impegno nella Resistenza, sono stato parte attiva di quella strana creatura che era il PCI, che ha contribuito a fondare e far crescere una Italia democratica. Definiva il PCI “ strana creatura”, con fisionomia unica, con riferimento ai partiti comunisti del resto d’Europa e del mondo.
Ricordo che quando negli anni recenti Gian Mario nominava il PCI aggiungeva sempre “Il PCI era una cosa seria”. Lo ripeteva spesso.
All’interno del PCI clandestino le cellule di giovani diventarono quasi tutte dei GAP, gruppi d’azione partigiana e Gian Mario venne posto a capo di uno di questi . Scelse il nome di battaglia “ Piero” in ricordo di Piero Martinetti. Aveva una particolare considerazione, quasi una devozione, per questo filosofo della natura e delle religioni oggi quasi dimenticato, si sentiva suo allievo, culturalmente affezionato. Ricordiamo che il docente universitario Piero Martinetti fu tra i pochi che nel 1931 rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista e che in conseguenza dovettero abbandonare l’insegnamento.
Questi gappisti da lui comandati iniziarono con il lanciare volantini, poi con il disarmare dei fascisti di sera e proseguirono con il lancio di bombe , di notte, sulle caserme e sedi fasciste . Distrussero anche i registri di leva della capitaneria di porto. Mentre Turcato dirigeva allora la brigata “Biancotto” della quale faceva parte anche il GAP di Gian Mario, la responsabilità militare delle formazioni organizzate dal PCI in provincia era allora del fisico Ettore Pancini, nome di battaglia “Achille”, che nel dopoguerra diventerà il maggiore studioso delle radiazioni cosmiche. Anche questa una grande figura un personaggio importante che meriterebbe essere ricordato (recentemente sono stati ritrovati negli archivi alcuni suoi manoscritti di comunicazioni, ordini, relazioni, di quel periodo.)
I nazifascisti conoscevano soltanto il nome Achille ma non sapevano quale fosse la sua identità ed a Gian Mario che venne arrestato nel novembre 1944, come anche ad altri compagni veneziani arrestati in quel periodo, la prima cosa che chiedevano durante l’interrogatorio era proprio “Chi è Achille ?”
Gian Mario, comandante di un GAP , ancora in anni recenti manifestava una specie di senso di inferiorità rispetto ai partigiani di montagna, che mitizzava, tendendo a mettere in secondo piano , quasi come meno importante, l’azione dei partigiani di città, la sua attività. Certamente non ne aveva motivo. Dico soltanto che il foglio matricolare di Gian Mario , cioè la cartella personale di ogni soggetto alla leva conservata nei Distretti Militari , contiene una annotazione che da sola equivale ad una decorazione al valor militare e da la misura della sua forza d’animo , una semplice annotazione : “Ha resistito alla tortura”. Fu infatti torturato ma non fece il nome di Ettore Pancino ne il suo recapito che egli ben conosceva
Fu rinchiuso nel carcere di S. Maria Maggiore come ostaggio , con la prospettiva di essere trucidato qualunque cosa fosse successa. Prelevato per essere fucilato, come in precedenza era successo ai 13 di Ca’ Giustinian, ai 7 di Riva dell’Impero e successivamente ad altri singoli. Tutti i compagni che sono stati incarcerati in quel periodo ricordavano la paura tremenda che li assaliva ogni qualvolta veniva aperta la porta della cella. Ed accanto a questa la paura per le conseguenze per le famiglie, il dispiacere per il dolore a loro arrecato .Mesi di terribile tensione nervosa.
Alla fine della guerra ebbe occasione di anticipare in qualche modo la liberazione poiché quando a fine aprile 1945 i tedeschi si recarono alle carceri per impadronirsi dei prigionieri politici questi riuscirono a respingerli con armi fornite da secondini che erano in collegamento col CLN di Venezia. Riacquista la libertà e ripreso il collegamento con i suoi compagni riuscì cosi a partecipare a tutte le fasi dell’Insurrezione, fin dal suo inizio.
Da allora, dopo la liberazione, l’impegno politico che si protrae praticamente per tutta la vita. Impegno tanto intenso che dovette venire a Venezia Giorgio Amendola nel 1948 per intimargli di sospendere momentaneamente l’attività politica e dedicare qualche mese alla preparazione della tesi e a laurearsi.
A 30 anni diventò segretario provinciale del PCI e segretario regionale fino al 1961: Delle sue realizzazioni è da ricordare quella delle “48 finestre sul Canal Grande”, cioè la sua idea e la sua azione per la riuscita iniziativa popolare di finanziamento per l’acquisto di un palazzo quale sede adeguata e prestigiosa delle organizzazioni del PCI.
Dal 1956 al 1959 fece parte del comitato di redazione della rivista “Rinascita ” allora prestigiosa non soltanto per la gente di sinistra ma da tutti considerata come una delle più importanti riviste culturali italiane.
Nel 1972, all’epoca della rottura tra Unione Sovietica e Cina un incidente politico con Togliatti: un collaboratore del Comitato Regionale Veneto del PCI pubblicò uno scritto che venne interpretato come filocinese. Sembra che la cosa venne risaputa a Mosca e ch ne parlò anche la “Pravda”. Della questione si interessò Togliatti, che definì Gian Mario : “Il giovane Werther del Veneto” , considerato responsabile di aver tollerato quella iniziativa. Gian Mario non era certamente tipo da porre censure e limitazioni ai suoi collaboratori. Venne rimosso da segretario del Comitato Regionale Veneto e sostituito dal qui presente Spartaco Marangoni.
Poco dopo venne eletto deputato, incarico certamente ben diverso dal precedente a lui più congeniale in quanto legato al territorio.
Successivamente fu amministratore dell’ACNIL (poi ACTV), della Biennale e Sovrintendente della Fenice.
L’ultimo incarico la presidenza provinciale dell’ANPI e la nomina al Direttivo nazionale della stessa associazione.
Chi era veramente Gian Mario?
Io ebbi modo di conoscerlo nel 1975. Lavoravo all’ACNIL ed egli era consigliere di amministrazione dell’azienda. Quell’anno mi impegnai per una iniziativa unitaria per le celebrazioni del trentennale della Liberazione. (All’interno dell’azienda c’erano parecchi ex partigiani, anche non comunisti. Tra essi il più prestigioso era Berto De Bei , condannato dal tribunale speciale fascista, commissario politico della brigata “Ferretto”, segretario della sezione ANPI di Mestre che era in quei mesi impegnato nell’organizzazione di quella che è stata a Venezia la grande sfilata dei partigiani di tutto il Veneto di quel 25 aprile.
Qui una parentesi. Tante volte abbiamo sentito parlare di vincitori e vinti , lasciando credere a discriminazioni verso questi. Nella mia vita di lavoro nell’Azienda ho avuto a che fare con cinque direttori: ben 4 di essi avevano appartenuto a formazioni di Salò e questo non pesò affatto sulla loro carriera. Berto De Bei che , ripeto, era il massimo esponente della Resistenza .andò in pensione quale operaio di magazzino. Perciò non parliamo di vincitori e vinti ma di chi ha combattuto per una causa giusta e chi per una causa sbagliata.
Gian Mario partecipava attivamente ai lavori di questo comitato ed ebbi così modo di constatare l’ascendente che aveva su tutti , non soltanto per la sua statura intellettuale e politica ma anche per il grande senso istituzionale e l’eccezionale rispetto per gli avversari . Aveva profondamente introiettato , fatto propria, la lezione unitaria della Resistenza italiana. Non si stancava mai di mettere in primo piano l’importanza dell’unità, dell’aggancio con gli altri , di non essere autoreferenziali, di non considerare il PCI come qualcosa a se stante.
Fino alla fine additava come decisiva per la democrazia la ricerca dell’unità : “Unità non solo tra le forze di sinistra ma anche con tutti i democratici.”
Dopo la sua elezione a Presidente provinciale dell’ANPI ebbi con lui una maggiore frequentazione e con l’ approfondimento della conoscenza un rafforzamento della mia stima. Colpiva sentirlo parlare degli ideali , con una passione che derivava da una profonda convinzione, partendo dalla storia del pensiero dai quali derivavano, esprimendo la sua grande cultura umanistica ma anche rivelando il lato poetico della sua personalità e soprattutto la sua grande umanità.
A proposito di Gian Mario poeta, che tale era veramente, vorrei leggere alcuni suoi versi che mi sono stati dati da Sua moglie, la cara Alba, che pur avendo ricevuto a breve distanza di tempo i due maggiori colpi che si possono ricevere nella vita, la perdita del marito e subito dopo quella del figlio, ha voluto essere oggi qui tra noi. Questa poesia è stata ricordata dallo scrittore Alberto Ongaro in un bell’articolo dedicato a Gian Mario, intitolato “Un letterato con il carisma dell’eroe” pubblicato sul “Corriere del Veneto” del 22.5.08 che così la introduce : “ ….Gianmario , consumate le qualità eroiche, aveva manifestato alte qualità letterarie che per sua scelta generosa sarebbero state sacrificate alla vita politica . Io conservo un reperto di quel suo periodo, una breve poesia che non esiste in nessun testo scritto “Paese innamorato”, quasi un annuncio del futuro tempo degli addii. La ricordo a memoria ed è curioso che non l’abbia mai dimenticata durante tutti questi anni.
Eccola:
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Rechi sulle tue spalle fiori e prati terra amata
ove memoria aduna ampio giro di colli oltre le siepi.
Risali verdi declivi, risali declivi d’autunno dove foglie e uccelli ruotano.
Alle lunari corna dei bovi pesa il carro sul sentiero
E il ramo spinge nell’aria l’umorosa gemma.
Addio, riposa in quiete
Riposa quieta memoria innamorata.
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Era veramente un intellettuale prestato alla politica che in lui era sempre mediata dal rapporto umano : umanità innestata nella politica.
Per lui l’ideale non era mai qualcosa di astratto: dietro gli ideali vedeva la gente , vedeva i problemi, le sofferenze, i bisogni degli uomini. Questa politica praticata sul versante dei sentimenti lo rendeva vicino alla gente, più credibile, più comprensibile, più convincente.
Quando nel 2005 iniziammo le trasmissioni settimanali dell’ANPI a Radio Cooperativa questa sua umanità emergeva in ogni suo intervento,. Gli ascoltatori ne ricavavano l’impressione di un grande intellettuale ed erano quasi intimiditi dalla sua passione. lo dimostravano le telefonate in diretta (Una signora allora mi disse: “Da come parla si sente che è una persona buona”).
Noi che eravamo con lui nello studio eravamo incantati a vedere come parlava, sempre a braccio ma estremamente assorto, concentrato al massimo. Alcuni temi gli erano particolarmente cari, li toccava spesso : i problemi della pace, della libertà, della giustizia sociale, della democrazia, dell’eguaglianza. Temi che trattava in modo profondo, partendo dalla storia della civiltà, dall’insegnamento dei grandi filosofi e pensator. Temi toccati da punti di prospettiva alti. Veramente praticava la “weltanschaung” di stampo marxista, lo sforzo di innalzarsi a considerare i fenomeni a livello mondiale.
Parlava del divenire della storia con larghezza di vedute ma anche con capacità di sintesi. Del nostro futuro, della compatibilità dello sviluppo economico con la difesa dell’ambiente, dei problemi del nostro sistema sociale, della storia dei movimenti politici. In particolare ricordo la grande preoccupazione che aveva per i problemi dei giovani, del precariato, dell’insicurezza del loro futuro, della loro necessità di avere una base economica certa per potersi creare una famiglia.
Aggiornatissimo sulla politica corrente lasciavamo a lui le risposte ai quesiti degli ascoltatori sui temi di attualità. Replicava sempre con il massimo rispetto per tutti anche quando qualche avversario non se lo meritava. Ed accanto alla profondità dei suoi discorsi la capacità di ascoltare, tutti, sempre, con estrema, concentrata, intensa attenzione. Il suo grande rispetto per gli altri lo si ritrovava in un concetto che ripeteva spesso: “ In ogni modo di pensare c’è della verità.”.
Purtroppo Gian Mario ha lasciato poco di scritto. Di lui conservo, tra le cose care , le sue risposte ad una lunga intervista di Nello Ajello del 2006, intitolata “Cultura, politica, classe operaia”, leggiamone un passo:
“… Questa è cultura: larghezza di orizzonti, apertura mentale, capacità di precisa analisi, intelligenza della realtà. Cultura non è tanto la quantità delle nozioni acquisite una volta per sempre ma è la qualità delle relazioni che sai stabilire tre gli avvenimenti. Non è un “bagaglio aggiunto. E’ capacità di cogliere i nessi tra le “cose”. È intelligenza nel capire, acutezza nel comprendere, che può essere anche in chi non ha sgobbato sui libri. Cultura è e deve essere qualcosa di vivente, in continuo divenire in ciascuno di noi. Cultura è ricerca della verità, è rispetto di chi la pensa diversamente. Concepire la diversità come un valore. Una tale cultura è importante per chi fa politica. Altrimenti la politica – come è oggi per molti “politicanti” al centro ed in provincia – decade in una pratica volgare e furba o diventa presunzione, conformismo…..!”
Sono una trentina di pagine, oltre che rivelatrici della personalità di Gian Mario e del suo senso religioso della politica, importanti poiché rappresentano una sintetica ed appassionata, critica e autocritica, rivisitazione della storia del PCI veneziano, veneto e nazionale e notevole per le riflessioni sul futuro della sinistra in Italia, Un testo che meriterebbe una ampia diffusione.
Il tema della valutazione critica della storia del movimento operaio del novecento e delle prospettive dell’espansione futura della democrazia è stato preminente nell’ultima fase della sua vita, peraltro rallegrata dalla grande vittoria al referendum per la difesa della nostra Costituzione, vittoria che lo aveva visto impegnato al massimo.
Una rivisitazione della storia dei movimenti socialisti e comunisti del mondo, dello stalinismo, dell’Armata Rossa che stronca la potenza della Wehmacht , il prezzo pagato dall’Unione Sovietica per questa vittoria, la guerra fredda, la fine del “socialismo reale”, la fine del PCI il partito che più di tutti aveva operato per la rinascita ed il rafforzamento della democrazia in Italia. Tutto con riflessioni e considerazioni profonde ed originali.
Importanti le sue considerazioni sulla Chiesa sul suo grande peso ed influenza nella società italiana. E’ da ricordare in proposito il suo intervento sul “Gazzettino” del 5.2.08 in merito alla polemica sul mancato intervento di papa Ratzinger all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Univerità di Roma. Un articolo di altissimo livello nel quale dimostrava come la Chiesa non può far credere di essere discriminata o perseguitata in Italia.
Come detto, guardava avanti, alle doverose e possibili correzioni di rotta che si prospettano alle forze che vogliono costruire un mondo migliore , alle quali intendeva lasciare un insegnamento, un messaggio. Ascoltiamo come concludeva un trasmissione sulla storia del partito comunista :
“Mai più partito unico , mai più polizia di partito che prevalga sugli organi dello stato, mai più un solo partito che comandi ! Assoluta indipendenza della Magistratura.
Mai più una ideologia imposta, nera, rossa o bianca, una ideologia imposta per tutti. Mai più bavaglio sulla stampa. Indipendenza degli organi di comunicazione.”
Perciò una persona che aveva fatto i conti fino in fondo, con il passato, con gli errori di un sistema. Ma accanto a questo la difesa di una storia, l’esaltazione del lavoro e del sacrificio di generazioni di militanti, della funzione complessiva del PCI. La fedeltà a quella storia.
E qui una riflessione del grande intellettuale Claudio Magris su cosa dobbiamo salvare di quella esperienza:
“Anzitutto la qualità morale straordinaria di tantissime persone che hanno lottato, con sacrifici inenarrabili in nome del comunismo. Hanno realizzato un valore e dato un esempio che andrebbe raccolto anche da chi non è d’accordo con quegli obiettivi politici. Le risposte date dal comunismo in Europa sono fallite, ma le domande che esso ha posto con forza restano ineludibili e ad esse bisognerà ancora tornare. La febbre di distruggere ogni aspetto del passato del comunismo, di negare qualsiasi significato alla sua esperienza mi sembra insensata.”
Quando sentiremo il presidente del consiglio Berlusconi, straparlare, come spesso fa , contro i comunisti italiani, lui che non è degno neppure di nominarli. ricorderemo appunto la figura limpida, pulita , onesta di Gian Mario Vianello questo grande intellettuale, questo dirigente del PCI, ed accanto a lui quelle di tanti cari vecchi valorosi onesti compagni di base.
Un ultima notazione su un aspetto di Gian Mario che me lo rendeva caro, che mi commuoveva : era l’ultimo compagno che mi salutava col pugno.
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Mario Bonifacio, ANPI “Erminio Ferretto” di Mestre
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*Iniziativa dell’ “ Associazione culturale Armando Pizzinato”
  VITE E VOLTI DELLA VENEZIA DI IERI
  Domenica 20 Sett. 2009 Centro Culturale Candiani Mestre
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