Venezia, il percorso della Memoria

È il 25 aprile 2015, il 70° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Viaggio lungo il percorso della Memoria, a Venezia, in ricordo dell’eccidio di Cannaregio.


di Luca Ferrari, luca.goestowest@gmail.com
giornalista/fotoreporter – content writer
dal blog The Way of the Miles
dello stesso autore in L’Italo-AmericanoIl percorso della Memoria: Venezia ricorda l’eccidio di Cannaregio


Le Brigate Nere si organizzarono presto. Uno dei loro era stato assassinato e bisognava fargliela pagare. A tutti, senza distinzione. Comunisti, cattolici, liberali o agnostici. La rappresaglia scattò secondo il modello 1-10: per ogni morto nazifascista, 10 uccisi tra le file del nemico. Oggi, nel 2015, a settant’anni dalla Liberazione del 25 aprile 1945, Venezia ricorda l’eccidio di Cannaregio con il percorso della Memoria. Un evento organizzato da IVESER – Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea, in collaborazione con ANPIAssociazione Nazionale Partigiani d’Italia, Comune di Venezia, ANPPIA, FIAPP e Comunitá Ebraica.

Venezia, 25 aprile 2015. Non sono neanche le 10 del mattino quando una folla sempre più numerosa si sta radunando in campiello Bruno Crovato, dedicato a uno dei caduti del suddetto massacro. Fu il primo, nel cuore della notte, ad andare ad aprire alla porta ai suoi assassini. Ciò che si trovò davanti infatti non fu un pellegrino o un amico, ma una pistola (nera) che lo colpì a morte senza nessuna pietà. Al centro del campo ci sono l’antifascista Carlo Bullado e Bruno Gamacchio (Partigiano Bianco), con l’ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

Il 25 aprile a Venezia è sempre un giorno speciale. Non solo si celebra la festa della Liberazione dal nazifascismo ma è anche il giorno del patrono San Marco, durante il quale i maschietti regalano alla propria amata un bocciolo (bocolo) di rosa. Ma in questo giorno di memoria e amore, c’è stato spazio anche per l’ignoranza. Sfruttando la storia di una città aperta, orde senza il benché minimo straccio di ideologia hanno sventolato la bandiera del leone di San Marco commentando con volgarità e becera inciviltà il passaggio dei partigiani e i festeggiamenti della Liberazione.

Passano gli anni eppure sono tanti gl’italiani che ancora rimpiangono il duce Benito Mussolini. Ne vanno fieri. Lo ostentano con penosa tracotanza. Un insulto all’Italia, alla Costituzione e ai più basilari diritti dell’Uomo. Tralasciando questa degenerazione di sostenitori di morte, si comincia con la prima posa di fiori sopra la lapide di Bruno Crovato, preceduta da l’inno di Mameli e la partigiana Bella ciao, suonate e cantate dal coro 25 Aprile insieme ai presenti.

Adolescenti e anziani. Genitori e bambini piccoli. Ci sono tutti a vivere il percorso della Memoria. Abbandonato il primo campiello, si prosegue verso per la seconda commemorazione, presso il ponte dei Sartori, davanti alla lapide in memoria di Luigi Borgato. È poi la volta di Giuseppe Tramontin (si prese anche lui una pallottola alla testa ma si salvò) in calle Priuli, quindi in Fondamenta S. Felice per Ubaldo Belli, in calle Colombina per Piero Favretti, in campiello del Magazin per Augusto Picutti e in corte Correr per il Capitano Manfredi Azzarita, originario di Cannaregio e ma perito nell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Dopo aver percorso per calli e lungo tutta la Strada Nuova, il corteo si dirige verso il ghetto ebraico, nel cui campo del Ghetto Novo ogni anno si celebra la Festa della Liberazione. Prima di entrarvi però, c’è un’ultima lapide verso cui rivolgere i propri pensieri. Quella di Adolfo Ottolenghi, rabbino capo di Venezia, prelevato dai nazifascisti ormai malato e anziano, e mandato a morire nel campo di sterminio di Auschwitz.

Le guerre non si sono fermate con la fine della II Guerra Mondiale. Sono continuate in modi ancor più subdoli. Almeno un giorno l’anno qualcuno (più di) ripensa a quel giorno. Un momento storico in cui la tirannia nazista finì nel fango, strozzata dal suo stesso sangue che tanto aveva orrendamente versato in tutta Europa. Una parte d’Italia si ribellò a quel giogo. Loro, i partigiani. Orgoglio di una nazione ancor oggi laconicamente divisa.

Non è un giorno come gli altri il 25 aprile, a Venezia, come in tutto il resto della penisola. Se ne facciano una ragione quei politici (tanti) e quelle persone che vorrebbero riscrivere la Storia. Non accadrà. L’Italia si è sollevata al nazifascismo e ha reagito. Cessa il vento, calma è la bufera/ Torna a casail fiero partigian/; sventolando la rossa sua bandiera; vittoriosa, al fin liberi siam! Qui, da Venezia, buon 25 aprile e buona festa della Liberazione a tutti.

W la Libertà. W la Resistenza. W l’Italia libera e unita.

Venezia, campiello Bruno Crovato – l’antifascista  Carlo Bullado © Luca Ferrari
Venezia, campiello B. Crovato – i fiori sulla lapide di Bruno Crovato © Luca Ferrari
Venezia, campiello B. Crovato – ANPI presente © Luca Ferrari
Venezia, campiello B. Crovato – si ascolta l’inno di Mameli e Bella ciao © Luca Ferrari
Venezia, il corteo si muove lungo il percorso della Memoria © Luca Ferrari
Venezia, lapide in memoria di Luigi Borgato © Luca Ferrari
Venezia, lapide in memoria di Giuseppe Tramontin © Luca Ferrari
Venezia, il corteo lungo il Percorso della Memoria © Luca Ferrari
Venezia, lapide in memoria di Piero Favretti © Luca Ferrari
Venezia, lapide in memoria del Capitano Manfredi Azzarita © Luca Ferrari
Venezia, lapide in memoria del rabbino Adolfo Ottolenghi © Luca Ferrari
Venezia, campo del Ghetto Novo © Luca Ferrari
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