74° Anniversario dell’Eccidio dei Sette Martiri

Un 3 agosto profondamente rinnovato, non nei valori e principi, ma nella forma perché anche gli strumenti della memoria partecipata debbono necessariamente essere aggiornati.

Vogliamo ringraziare tutti e tutte per la partecipazione davvero numerosa e sentita! In particolare vorremmo esprimere la nostra gratitudine e stima a chi si è tanto generosamente prestato per la riuscita della serata: Ottavia Piccolo, Tiziana Plebani, Sandra Mangini, Alberto Collodel, Ilic Fenzi, David Angeli, Corinna Venturini e Giorgia Dalle Ore delle Storie Storte, Franca Pullia, Andrea Facchin, Ricky Sartorel, Max Bustreo, Giovanni Natoli. Cesare Peris e tutto il suo equipaggio: l’arrivo in caorlina ha incantato tutti! Non ultimi il Circolo ricreativo “3 agosto”, e Michele De Col in particolare, per il supporto indispensabile, le idee organizzative, l’aiuto in tutto. E naturalmente, nelle persone di Maria Teresa Sega e Marco Borghi, l’Istituto Iveser, con cui condividiamo sforzi, idee, ogni nostra attività.


L’ORAZIONE DEL PRESIDENTE DI SEZIONE GIANLUIGI PLACELLA

Aliprando Armellini, 24 anni, Gino Conti, 46 anni, Bruno De Gasperi, 20 anni, i fratelli Alfredo Gelmi, 20 anni, e Luciano Gelmi, 19 anni, Girolamo Guasto, 25 anni, Alfredo Vivian da Venezia, Trento Vercelli Agrigento

Tutti erano antifascisti.
Antifascisti convinti di doversi opporre alla propaganda della discriminazione, alla intolleranza che violenta il pensiero ed il comportamento. E da queste costrizioni furono spinti a a ribellarsi.

Erano antifascisti perché praticavano l’autonomia di pensiero in una società fortemente omologata ed erano guidati da un bisogno di libertà che gli è costata la vita.
Un prezzo altissimo che hanno pagato consapevol-mente per il vantaggio dei tanti sconosciuti come siamo noi tutti da loro beneficiati.

Il ricordo della loro fine ingiusta deve risvegliare non solo la nostra riconoscenza alla loro lotta di libertà, quella stessa libertà che la nostra società altrettanto omologatrice ci sottrae in modi più subdoli, ma soprat-tutto il nostro rifiuto a restare indifferenti ai bisogni dell’altro.
Un’indifferenza incoraggiata dall’egoismo consumistico che sta diventando cinismo.

Si vanno diffondendo e affermando, per imitazione e lasciar correre, nuovi comportamenti, di cui ci si sente orgogliosi: l’odio verso l’estraneo motivato con la difesa di una identità locale, di una cultura in pericolo, senza sapere qual’è l’identità, quali sono le radici, quanto la storia locale sia stata costruita sulla solidarietà, l’accoglienza; un sentire che fa considerare un diritto respingere, disprezzare il diverso che sempre più viene preso di mira e diviene bersaglio di questa violenza ogni giorno più esplicita, cruenta, armata.
E sempre più vigliacca.

La Lega di governo che ha fatto fortuna tra i razzisti del nord incoraggiando, sostenendo e valorizzando il disprezzo per i “terroni” va, paradossalmente, a raccogliere da quegli stessi emarginati quel consenso di massa basato sul disprezzo degli immigrati, i “terroni” di turno.

Un disprezzo che diventa segnale di identità, nuovo valore, nuovo consenso elettorale. E che non viene certo frenato dalle parole di alte gerarchie ecclesiastiche, se è vero quello che scrive il vescovo di Ventimiglia, sostenendo che l’obiettivo dell’emigrazione è “cambiare l’identità nazionale dei popoli europei”. Una vera e propria “Sostituzione etnica”.

E intanto non ci accorgiamo che l’omologazione richiesta, prodotta e ottenuta dalla società dei consumi, quella è il vero annullamento, incosciente e subdolo dell’identità, della ricchezza della diversità.
Senza meditare sul fatto che il privilegio per nascita impone la condivisione e che la fortuna per ius soli è un dono che riceviamo senza meriti personali.

Per capire quanto veniamo sviati e strumentalizzati dalle paure indotte, basterebbe paragonare i danni alle diversità culturali, alle abitudini di una comunità, causati dalle ripetizioni compulsive dei milioni di migranti perenni del turismo di massa, con l’incidenza dei comportamenti di poche migliaia di derelitti che la spinta al profitto senza limiti del capitale deporta, per bisogno e per paura, verso i nostri luoghi privilegiati.

Basterebbe il paragone fra le conseguenze di due movimenti migratori così sproporzionati fra loro per farci concludere che della nostra cultura non c’importa niente, se il contraccambio è il dio denaro.

I segnali di questa xenofobia sono tanti eppure si continua a minimizzare, se non addirittura a perseguitare l’antifascismo come qualche questura anche recentemente va facendo.

Voglio citare la dichiarazione della Presidente nazionale ANPI, Carla Nespolo.
30 luglio 2018: “È gravissimo e inaccettabile che un Ministro della Repubblica italiana, nata dalla Resistenza, faccia suo lo stile propagandistico di Mussolini, un criminale, guerrafondaio, massacratore della libertà e dei più deboli. Il sentiero su cui Matteo Salvini ha avviato il suo “operato” si scontra sempre di più col dettato di democrazia e civiltà della Costituzione. Si ponga fine immediatamente – mi appello ai silenti alleati di Governo del Ministro dell’Interno – a queste continue e nostalgiche aberrazioni”.
Facciamo nostro quest’appello estendendolo alle tutte le istituzione dello Stato nelle sue diramazioni verso l’alto e verso la periferia.

Questi Sette Martiri sono l’esempio di una scelta difficile, eppure fatta in situazione di assoluta debolezza, senza una Costituzione che è quella che dà forza al diritto.
A loro dobbiamo quella lotta di Resistenza i cui frutti sono stati appunto la Costituzione e questa nostra repubblica democratica.
Una democrazia che rende a noi che viviamo l’oggi, molto meno problematica l’opposizione, molto meno rischiose la ribellione e la lotta.

Possiamo quindi ancora scegliere di dire che, come cittadini di questa nostra Repubblica, ci sentiamo estranei al disvalore della disugua-glianza, estranei alla sopraffazione, alla delega al capobranco; non ammettiamo di sentire come diritto e vanto la persecuzione dell’estraneo; ripudiamo la disumanità, la discriminazione, l’odio per il diverso; rifiutiamo la mentalità fascista, rifiutiamo il fascismo e il suo ritorno.

Scegliamo, cioè, in piena consapevolezza di essere umani.

E luminoso di umanità abbiamo voluto il percorso di quest’anno. Ma è stata una scelta fatta anche per tenere ben illuminato il ricordo e per cercare di avere da quel ricordo tutta la luce necessaria, in questi giorni in cui il sentiero si fa stretto e oscuro.
Luce per continuare, nella resistenza e nell’opposizione, uniti fra noi come oggi, con le voci dette e cantate dei tanti amici e compagni che la faranno sentire da questo palco a tutti quelli che passano e che si fermeranno ad ascoltarli.

Con il rosso che indossiamo in questa Venezia partigiana che non dimentica di esserlo sempre stata.


IL PROGRAMMA DELLA COMMEMORAZIONE UFFICIALE DEI SETTE MARTIRI DI CASTELLO:

ore 18.45 | concentramento in via Garibaldi presso la vecchia sede dell’ANPI “Sette Martiri”

ore 19.00 | deposizione fiori e interventi istituzionali presso la lapide in ricordo dei Sette Martiri. Interverranno il Presidente della sezione ANPI “Sette Martiri” Gianluigi Placella e per il Comune di Venezia l’Assessore alle Politiche Educative Paolo Romor.

ore 19.30 | brindisi partigiano

ore 20.30 | CAMMINATA LUMINOSA, ritrovo al Largo Marinai d’Italia e tre tappe presso il Cippo alla Partigiana di Leoncillo Leonardi, il Monumento agli Internati Militari Italiani e al Monumento alla Partigiana di Augusto Murer.

(Ognuno porti una torcia o lume elettrico per il percorso)

Ore 21.30 | Spazio Palco in Riva dei Sette Martiri con Max Bustreo, Andrea Facchin, Sandra Mangini, Ottavia Piccolo, Franco Pullia, Maria Teresa Sega, Alberto Collodel, Ilic Fenzi, Giovanni Natoli, Tiziana Plebani, Ricky Sartorel, le Storie Storte. Presenta David Angeli.

La Commemorazione vede la collaborazione organizzativa di ANPI 7 Martiri, IVESER, FIAP, Circolo Ricreativo Culturale “3 AGOSTO” e Comune di Venezia.


La madre del partigiano” 

Sulla neve bianca bianca
c’è una macchia color vermiglio;
è il sangue, il sangue di mio figlio,
morto per la libertà.

Quando il sole la neve scioglie
un fiore rosso vedi spuntare:
o tu che passi, non lo strappare,
è il fiore della libertà.

Quando scesero i partigiani
a liberare le nostre case,
sui monti azzurri mio figlio rimase
a far la guardia alla libertà.

(Gianni Rodari)

 

Avevo Due Paure

Avevo Due Paure
La prima era quella di uccidere
La seconda era quella di morire

Avevo diciassette anni
Poi venne la notte del silenzio
In quel buio si scambiarono le vite

Incollati alle barricate alcuni di noi morivano d’attesa
Incollati alle barricate alcuni di noi vivevano d’attesa

Poi spuntò l’alba
Ed era il 25 Aprile

(Giuseppe Colzani)

Compagni fratelli Cervi di G. Rodari 

Sette fratelli come sette olmi,
alti robusti come una piantata.
I poeti non sanno i loro nomi,
si sono chiusi a doppia mandata :
sul loro cuore si ammucchia la polvere
e ci vanno i pulcini a razzolare.
I libri di scuola si tappano le orecchie.
Quei sette nomi scritti con il fuoco
brucerebbero le paginette
dove dormono imbalsamate
le vecchie favolette
approvate dal ministero.

Ma tu mio popolo, tu che la polvere
ti scuoti di dosso
per camminare leggero,
tu che nel cuore lasci entrare il vento
e non temi che sbattano le imposte,
piantali nel tuo cuore
i loro nomi come sette olmi :
Gelindo,
Antenore,
Aldo,
Ovidio,
Ferdinando,
Agostino,
Ettore?

Nessuno avrà un più bel libro di storia,
il tuo sangue sarà il loro poeta
dalle vive parole,
con te crescerà
la loro leggenda
come cresce una vigna d’Emilia
aggrappata ai suoi olmi
con i grappoli colmi di sole.

(Gianni Rodari )


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(Fotografie di Daniele Rampin e Salvatore Marchese)


 

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