Orazione per il 25 aprile a Castello

Prima di tutto voglio ricordare Mirco Grespi Partigiano del comando di Piazza a Venezia, scampato alla fucilazione in riva dei 7 Martiri perché minorenne; Mario Bernardo Radiosa Aurora veneziano, partigiano della divisione Belluno, anche lui scampato ai rastrellamenti del Grappa dell’estate del ‘44. Un pensiero anche per la nostra Enrica che non può festeggiare con noi per la scomparsa della sua cara mamma.

Oggi per la 74esima volta celebriamo la Festa della Liberazione.

Per l’Italia nata dalla Resistenza è una festa e festa è per tutti quelli che, in quella lotta e nelle sue motivazioni, si riconoscono. Nel celebrarla, ci si ritrova uniti intorno ad un debito, verso chi ha realizzato la nostra liberazione dall’invasione nazista dispotica e sanguinaria, ma, soprattutto, dal fascismo e da quanti si erano schierati al fianco delle belve naziste moltiplicandone la ferocia. Liberazione, bisogna ricordarlo e ribadirlo oggi, da quella ideologia oppressiva dimostrata dai fatti del quotidiano e dai fallimenti politici e imperialisti.

A queste considerazioni dobbiamo appoggiarci nel ricordare e commemorare.

All’evidenza storica che il fascismo è stato un modo di intendere la società che ha trovato una disgraziata applicazione in Italia. A differenza di altri dispotismi, ugualmente costrittivi, che non hanno mai avuto spazio nella nostra storia. Questa realtà è da contrapporre, con tutto il suo peso argomentativo, alle propagande capziose che strumentalmente tendono alla rilegittimazione di quello che è e resta un crimine.

L’orazione di Gianluigi Placella in Riva dei Partigiani (Foto di Marco Borghi)

E’ per questo che il 25 aprile deve riproporre l’impegno a non permettere che si riproduca quella visione della società; che torni ad infiltrarsi, nella nostra civiltà, quello che è il veleno della democrazia e della convivenza pacifica. Un impegno non solo di cittadini e associazioni, ma delle istituzioni tutte, nessuna delle quali può assentarsi per dedicarsi ad altri temi, nel giorno della riconferma dell’Italia antifascista.

Chi si assenta da questa celebrazione sta dicendo che non trova motivi per festeggiare, che non condivide le ragioni della festa e quindi si sta dissociando dall’antifascismo che invece è e deve essere sentito come il cemento del giuramento di ogni rappresentante delle istituzioni.

Un impegno che deve essere ancora più fermo se volgiamo lo sguardo all’indietro a vedere quanto di quelle premesse e promesse assunte nel momento della vittoria non si sia realizzato: prima di tutte, l’espulsione del fascismo e dei suoi ideologi dall’orizzonte civile della nazione, come si vede dalla loro sempre più esplicita e provocatoria riproposizione.

Immediatamente dopo anche l’altro dovere, quello di mettere in pratica la Costituzione antifascista e che vediamo ben lontano dall’essere compiuto. E non c’è chi non veda la relazione fra i due insuccessi.

L’evidenza sta nei fatti perché, se si applica la Costituzione, il fascismo si rivela incompatibile con le fondamenta democratiche del nostro Stato nato alla Resistenza.

Gianluigi Placella, Diego Collovini, Presidente Provinciale ANPI Venezia, il Presidente emerito dell’ANPI, Carlo Smuraglia, il partigiano Bruno Stocchetto e Isabella Albano dell’ANPI “Sette Martiri”

Solo prendendo coscienza che con la Costituzione, della nuova società antifascista, è stata posta solo la pietra angolare potremo prendere atto che molta parte dell’edificio repubblicano resta ancora da costruire. Che cosa c’è infatti, di più incostituzionale dell’anticostituzionale? Che cos’è infatti il fascismo in tutte le sue forme, in tutte le sue sigle, in tutte le sue fogge, se non la negazione della Costituzione?

Pensiamoci bene: come la vediamo e la denunciamo, quella negazione della Costituzione nelle politiche dell’accoglienza che vede navi di naufraghi lasciate fuori dai porti, come la evidenziamo nelle politiche fiscali ingiuste della flat tax e nelle politiche disgregatrici e discriminatorie delle autonomie regionali, così dovremmo cominciare a denunciarla alle politiche corrive e tiepide verso il riproporsi del fascismo.

Proprio per ciò, quello mosso dalla Presidente nazionale dell’Anpi e dagli altri firmatari dell’appello “Mai più fascismi”, di recente ricevuti dal Presidente della Repubblica, è il primo passo di un allarme e di una linea su cui proseguire, ponendo anche alle istituzioni più alte, la questione dello scioglimento di tutte le formazioni che ad esso si rifanno. Che bisogna appunto ricacciare, prima ancora che nell’illegalità definita dalle leggi Scelba e Mancino, nell’incostituzionalità.

Non solo perché lo dice la XII disposizione transitoria e finale cui, ad oggi non si è data applicazione, ma perché tutta la Carta propone una visione della comunità dei cittadini basata sulla solidarietà; il contrario di quella impostata sulla legge del più forte, sulla selezione naturale applicata all’uomo sociale, sulla giustizia fatta in proprio, sulla violenza sul diverso per pensiero, cultura o colore della pelle, sull’implacabilità del mercato, sulla omologazione di comportamenti voluta dal capitale sovranazionale e dai suoi difensori di sempre.

I partigiani Bruno “Venezia” Stocchetto e Gabriele “Bocia” Poci alla Cerimonia dell’Alzabandiera in Piazza San Marco (Foto di René Seindal)

Quel capitale che attraverso la stampa amica ripropone la faccia più turpe del fascismo, con articoli indegni e livorosi che sono vere e proprie “veline” del Minculpop; articoli che dimostrano come il “fascismo eterno” denunciato da Umberto Eco esista, quanto meno nella sua intolleranza verso il dissenso e nella delegittimazione dell’avversario: in questo caso l’Anpi, erede e successore dei Combattenti per la libertà, come riconosciuto da diverse sentenze di Tribunali militari. Operazioni talmente scoperte che avranno l’effetto opposto di portare tanti cittadini a riconoscersi negli ideali dell’antifascismo che la nostra associazione porta avanti e nel darci ancora più forza nel nostro mandato.

Considerando tutto ciò, ogni anno, il 25 aprile dovrebbe essere occasione di consuntivo e richiamo a continuare a fondarla quella Repubblica democratica così diversa. In questo modo, oltre che Festa della Liberazione, questo giorno potremo sentirlo anche e soprattutto come Festa della fondazione della società accogliente, solidale, multiculturale, ugualitaria; in una parola: costituzionale.

Questo prima che, spacciato per opzione politica, il fascismo del terzo millennio smantelli la costruzione nata dal sangue dei Partigiani; un prezzo alto da loro pagato alla libertà. E non possiamo di fronte a ciò accettare di disperdere il lascito dei loro sacrifici.

All’Italia antifascista, l’augurio di un buon futuro di costruzione.

Gianluigi Placella, Presidente della Sezione ANPI “Sette Martiri”

La corona posta al Monumento alla Partigiana durante le celebrazioni del 25 aprile
(Foto di Michele De Col)

Rassegna stampa e media:

Il servizio su TGR Veneto:


25 Aprile a Venezia: un percorso della memoria

Alcuni momenti della giornata ripresi da Loredana Spadon che qui ringraziamo sentitamente

L’intervento dello storico e ricercatore dell’Iveser e vice presidente della Sezione “Sette Martiri” Giulio Bobbo alla trasmissione “Buongiorno Regione Veneto” TG3, 25 aprile 2019

Su La Nuova Venezia:


Bella Ciao cantata a Venezia in Strada Nuova il 25 Aprile


Bella Ciao conquista il Veneziano, il 25 aprile a Venezia e provincia

Su Il Corriere del Veneto:

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