Sandro Gallo “Garbin”

Sandro Gallo “Garbin”

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Nato a Venezia il 30 maggio 1914, qui frequenta il Liceo classico Marco Foscarini. E’ proprio negli anni del liceo che matura l’avversione politica al fascismo, anche se al momento è limitata al piano teorico. Come tanti giovani di allora, è accanito lettore della grande letteratura russa e francese.
Fra il 1936 e il 1938 porta a maturazione la sua critica al regime dittatoriale ed entra in relazione con i gruppi antifascisti veneziani, soprattutto intellettuali. Sono di allora le frequentazioni con i socialisti Giavi, Lombroso, Lo Prieno, Sullam, con l’azionista Zanon Dal Bo, con i comunisti Enrico Longobardi, Calò, Maestro e tanti altri. Il loro luogo di incontro serale è ai tavoli del caffè «Piccolo Lavena». Sono, questi, gli anni del passaggio dalla cultura idealistica e illuministica a quella del materialismo storico: è proprio in questo passaggio che matura in Sandro la decisione – nel ’37 – di aderire al Pci.

Dopo la laurea in legge, nel 1936 si iscrive a filosofia, sempre a Padova. Patrocina da avvocato qualche piccola causa ma poi sceglie l’insegnamento: prima all’Istituto professionale di Pieve di Cadore e poi al Liceo scientifico G. B. Benedetti di Venezia, dove educa all’amore per la libertà i suoi studenti.
Così Ivone “Cesco” Chinello ricorda il Gallo professore: “Incontro Gallo, a 15 anni – nell’autunno del 1940 – come professore di storia e filosofia nel primo anno di liceo scientifico, al Benedetti di Venezia. È anche il primo anno di guerra: a parte quelle in famiglia di solo mugugno, da lui sento le prime sconvolgenti parole di aperto e dichiarato antifascismo ed anche in tono irato. Era successo che gli studenti veneziani, come quelli di tutta Italia, avevano partecipato, durante le ore di scuola, a quelle che allora si chiamavano «dimostrazioni», per calli e campi, a favore della guerra e del regime ed anch’io vi avevo aderito. Tornati in classe, l’ultima ora, arrabbiatissimo, Gallo ci apostrofa aspramente – letteralmente: «Voi giovani impacchettati di civiltà moderna di re imperatori e di duci, fate le dimostrazioni per la guerra e io vi frego» – e ci interroga e, appunto, distribuisce tre e quattro a tutto spiano. Anch’io ho avuto il mio quattro in storia. Una lezione di vita: il brutto voto è un bisogno di protesta e di reazione concreta del professore antifascista e insieme una forzatura pedagogica per noi studenti. È infatti per merito di Gallo e di molti altri professori che il Benedetti diventerà un vero e proprio centro di iniziativa antifascista. Quando sono arrestato dalla Gnr, nell’aprile del 1944, salvo uno, tutta la mia classe è dichiaratamente antifascista: ai primi di ottobre 1943 avevamo persino organizzato una «dimostrazione» – questa volta contro i tedeschi occupanti – in campo S.ta Giustina nella quale eravamo riusciti a coinvolgere gran parte delle classi.”
Nel ’41 collabora attivamente alla ricostituzione dell’organizzazione comunista veneziana, diffondendo clandestinamente volantini e l’Unità. Il 2 gennaio del ’42 viene arrestato, insieme ai compagni Maestro e Sullam. Sono prima tradotti al carcere di Regina Coeli a Roma e poi deferiti alla Commissione provinciale presieduta dal Prefetto di Venezia che, il 27 febbraio 1942, li condanna a due anni di confino per «scritte contro il regime e il capo del governo». Gallo è «destinato» ad Avezzano. In agosto però Gallo ed altri sono arrestati «dall’O.V.R.A.-IV^ Zona», ad Avezzano, perché avevano trovato modo, benché molti di essi si trovassero nelle condizioni di confinati od internati, di ascoltare radiocomunicazioni nemiche, in base alle quali svolgevano poi opera disfattista ed antifascista. Così Gallo ritorna a Regina Coeli per essere successivamente, con altri, inviato in quanto confinato, «in colonia» a Tremiti. Qui prende contatti organici con l’organizzazione del Pci e quasi sicuramente fa conoscenza – pure lì confinato – con Omobono Tominez, futuro membro del Triunvirato insurrezionale Veneto (col nome di Antonio), con il quale avrà stretti rapporti durante la lotta di liberazione.
Viene “liberato dal confino per fine periodo” il 1 gennaio 1943, ammalato di pleurite. Tornato a Venezia riprende subito l’attività cospirativa ed è uno dei fondatori del ‘Comitato di Unione antifascista’ progenitore diretto del Cln. Fra marzo e aprile va in Cadore per riprendere le forze: è ospite di fraterni amici di S. Vito di Cadore ai quali si lega molto, specie col patriarca della famiglia Angelo Uziél.
L’8 settembre lo trova ancora a Venezia: subito, su decisione del Pci, torna in Cadore per organizzare la resistenza armata. Sarà il fondatore, l’organizzatore e il comandante della Brigata “P. F. Calvi”, inquadrata nella Divisione Garibaldi “Nino Nannetti”, la quale opererà in tutta la regione del Cadore, sulla destra Piave, da Selva a Vigo, Pieve, Cortina, Laggio, Auronzo, S. Stefano su per il passo Monte Croce Comelico, in Val Pusteria, sino a Brunico, con l’appoggio molto favorevole della popolazione. Il suo nome di battaglia è Garbin.
E’ l’organizzatore militare del Cadore per conto del Cln di Belluno, rappresentante del Pci nell’Esecutivo militare provinciale ed anche, per un certo periodo, responsabile del Pci per il Cadore. Tra la fine di luglio e i primi di settembre è nominato comandante della divisione Nannetti.
Il 20 settembre, a Lozzo di Cadore, una pattuglia di 4 garibaldini guidata dal comandante Garbin, attacca a colpi di bombe a mano 3 autocarri tedeschi carichi di gendarmi. In seguito alla violenta reazione di armi automatiche avversarie 3 partigiani, fra cui il comandante Garbin, restano uccisi.
Arturo Fornasier “Volpe”, unico dei compagni a salvarsi in quest’ultima azione di Garbin, in un suo libro di memorie ricorda come in montagna, all’inizio della Resistenza, incontra e riconosce il suo professore: «“Volpe” è un cadorino che – fatta la guerra come alpino, tornato a casa dopo l’8 settembre – va in montagna e si imbatte al rifugio Titta Barba in un gruppo armato a cui si aggrega, all’inizio partecipando con il lavoro in cucina e la guardia. Appunto, una mattina è di guardia «sul costone che si affaccia sull’orrido della valle d’Anfella» e, senza che se ne accorga,giunge Gallo che gli si siede accanto: «solo disarmato, calzoni e maglione da alpinista, robusto nel corpo, dal volto severo e occhi indagatori». Subito lo riconosce come il suo «severo insegnante di italiano e di cultura militare» alla scuola professionale di Pieve. Parlano a lungo: le parole di Gallo sono «piane e semplici» per cui «rimasi con lui, con il nome di battaglia ‘Volpe‘ e lo vidi morire». Aggiunge: «ci vollero la montagna e il dialogare con Garbin per farmi comprendere da quale parte doveva stare la mia generazione».
Nel dopoguerra, gli sarà conferita la medaglia d’argento al valor militare alla memoria, mentre l’Università di Padova gli concederà la seconda laurea honoris causa: “In nome della legge / noi prof. Egidio Meneghetti / Rettore dell’Università di Padova / veduto / il Decreto L. L. 7 settembre 1944 n. 236 / volendo onorare la memoria di / Dr. Alessandro Gallo / figlio di Mario / nato a Venezia il 30 maggio 1914 / studente in questa Università / lo abbiamo proclamato / Dottore / in Filosofia / Dato a Padova / addì 11 giugno dell’anno MCMXLVII / Il Rettore”.

STATO DI SERVIZIO DI GALLO ALESSANDRO “GARBIN “

rilasciato dal Comando della Brigata “Calvi” da Pieve di Cadore il 21-7-1945.
«La Brigata Calvi dichiara che il Dott. Gallo Alessandro (Garbin) fu l’organizzatore militare del Cadore e l’animatore della lotta antinazista dal novembre 1943».
«Fondatore e primo Comandante della Brigata Calvi, esempio di assoluta dedizione all’ideale patriottico e di costante eroismo nelle azioni più audaci e più efficaci, sempre personalmente condotte. (si trascrivono i brani che interessano l’attività svolta dalComandante Garbin, rilevati dalle relazioni inviate nell’estate ’44 dalla Brigata Calvi alla Divisione Nannetti)».
«1 Giugno 1944. – Con una azione militare e politica che ebbe larga ripercussione nella zona, venivano fermate dai patrioti, al comando del compagno Garbin, due corriere che portavano i giovani della classe del 25 a Belluno provenienti dal Comelico. Undici di questi uomini si univano volontariamente ai partigiani, agli altri veniva data facoltà di portarsi al loro paese o di presentarsi».
«10 giugno 1944. – D’accordo con il C.L.N. una squadra del distaccamento, comandata dal compagno Garbin, presenziava ad un comizio di 200 giovani in Auronzo in occasione della chiama delle 15 classi per il 12 del mese, dimostrando al popolo la connessione della lotta partigiana e politica. In serata i partigiani, scesi in paese per una dimostrazione di forza, disarmavano il presidio dei carabinieri e requisivano un camion».
«27 luglio 1944. – 19 garibaldini del distaccamento Bepi Striss al comando del compagno Garbin, con una marcia notturna di parecchie ore, si portava in territorio nemico in località Dogana Vecchia, assalendo all’alba il Posto di blocco dei gendarmi, bruciando la caserma, interrompendo le linee telefoniche. Divelgono inoltre la sbarra, presunto ed arbitrario confine d’Italia. Da parte nemica sono risultate le seguenti perdite: 2 morti e 3 feriti. Da parte nostra nessuna perdita».
«28 luglio 1944. – I 19 garibaldini del distaccamento Bepi Striss, sempre al comando del compagno Garbin, interrompono nuovamente in più punti le linee telefoniche».

«4 settembre. – Il battaglione Bepi Striss, al comando del compagno Garbin, riesce ad interrompere le comunicazioni stradali e ferroviarie in località “la Cavallera” fra Perarolo e Tai, per una larghezza di circa 30 metri. Il ripristino della linea ferroviaria richiederà tre mesi di lavoro, mentre quello della rotabile è avvenuto dopo venti giorni mediante gittamento di una passerella in ferro da parte dei tedeschi».
«8 settembre. – Una pattuglia al comando del compagno Garbin interrompe le comunicazioni ferroviarie e stradali sul rio Rugnan. Nella stessa giornata la stessa pattuglia, comandata sempre dal compagno Garbin, attacca due sottufficiali tedeschi e 5 repubblicani che tentavano di passare l’interruzione di Rugnan: 1 sottufficiale morto, l’altro ferito e 5 repubblicani prigionieri. Da parte nostra nessuna perdita».

«9 settembre. – Una pattuglia del Btg. Striss, comandata dal compagno Garbin interrompe, con il brillamento di un ponte, la strada di Cibiana».

«15 settembre. – Una pattuglia di 3 uomini al comando del compagno Garbin attacca militari tedeschi e repubblicani intenti a procedere al ritiro del materiale telefonico tra Pieve di Cadore e Calalzo, ferendo gravemente un maresciallo tedesco e catturando 8 repubblicani con tutto il loro armamento».
«20 settembre. – Una pattuglia di 4 garibaldini, comandata dal compagno Garbin attacca a colpi di bomba a mano tre autocarri tedeschi carichi di gendarmi. In seguito alla violenta reazione di armi automatiche avversarie 3 compagni, fra cui il comandante Garbin, restano uccisi».

«Tutti i garibaldini della Brigata «Calvi» lo ricordano con fierezza ed orgoglio e guardano a Lui come luminoso esempio di Vero Italiano».

Il Commissario                          IL Comandante
f.to Volpe                                    f.to Aldo

Giovanna Zangrandi “Anna”, staffetta e combattente della Brigata “P. F. Calvi”, un anno dopo nel periodico Nuovo Cadore così scriveva dell’ultima missione di Garbin:
«In quella tragica mattina era appostato con quattro compagni in posizione strategicamente sicurissima sopra il paese di Lozzo. Cantare di mitraglia dalle alture di Lorenzago avvisò Garbin che si era colà attaccato battaglia e subito divisò con i suoi pochissimi, di impedire il passaggio ai tedeschi di rinforzo. Poi guardò le case di Lozzo sottostanti e disse pensoso ai compagni: – No, attaccare qui, può significare di far bruciare il paese. – E si spostò in posizione scoperta. Alla curva tristemente nota comparve un autocarro carico di tedeschi, lo attaccò con bombe a mano. Ne sopraggiunsero altri due.                                                      Garbin e i due compagni Lilli e Mingi caddero sotto i colpi di mitraglia.                           Accorsi al cimitero di Lozzo: ti ritrovammo Garbin tra i due fidi tuoi; ti ritrovammo così, con la bocca piena di sangue e gli occhi aperti e sereni che guardavano ancora lontano come quando ti incontravamo vivo per le valli e per le crode. Oltre la vita di oggi guardavano i tuoi occhi ancora, a quell’altra vita che tu avevi sognato per il nostro popolo. E allora dalle tue labbra piene di sangue sentimmo uscire le parole che ci avevi detto un giorno sulle montagne: “… un popolo libero… dignità di lavoro… uguaglianza e giustizia devono ritornare all’Italia e al mondo intero… ”. Poi camminasti ancora con noi nelle nostre silenziose marce sotto le stelle e dall’ombra ritornavano le tue parole ed erano vive. Viva è sempre l’idea ed in essa vivono gli uomini che la professano».

Sandro Gallo “Garbin” riposa insieme agli altri Caduti della Sua Brigata a San Francesco d’Orsina, fra Calalzo e Pieve di Cadore, presso la Chiesa degli Alpini, nel monumento eretto ai Caduti della Brigata Garibaldina “P. F. Calvi”.

Per onorarne la memoria il Comune di Venezia ha intitolato al suo nome la principale via del Lido, isola di Venezia dove Sandro Gallo è cresciuto.
P A R T I G I A N I
Nelle pieghe del tricolore,
che garrisce al vento
festeggiando gioioso il riscatto della Patria
dall’odiato oppressore,
sta scritto un nome di battaglia
che commuove ed esalta
la nostra grande famiglia
G A R B I N
Comandante della Brigata « Calvi »

Salutate questo nome
che ricorda
la nobile figura del combattente
creatore e animatore del movimento
che visse, lottò e morì
per il sacro ideale della libertà,
colla fede di un apostolo e l’ardore di un martire,
come doverosa riparazione
all’oblio del tempo e degli uomini.
Gli Amici del Cadore

che seguirono l’eroe nelle ansie della vigilia
negli ardimenti della guerriglia
e nei pericoli del campo,
lo additano con fierezza ed orgoglio
all’ammirazione di tutti.

(Mons. Fiori, arciprete della Magnifica Comunità Cadorina nei giorni della Liberazione)

 

 

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