L’ultimo saluto al nostro partigiano Alberto Durante “Falce”

Gli antifascisti veneziani sono più soli. È andato avanti il partigiano Falce, al secolo Alberto Durante, che combatté in Brigata Biancotto e partecipò ai combattimenti in Marittima durante la Liberazione della nostra città. In prima fila sempre e fino all’ultimo, anche sulla sua sedia a rotelle quest’estate, nelle lotte e nelle manifestazioni in difesa dei diritti civili.
Daremo l’ultimo saluto al nostro partigiano Falce venerdì 12 gennaio alle 11.00 presso la sala laica del Cimitero di San Michele.



Un ricordo di Marina Cravin

La pizzeria sembrava quella di certi film americani girati in desolate periferie cittadine. Asettica e totalmente impersonale, assomigliava a un container abbellito con le stelline natalizie. Invece eravamo al Lido di Venezia, in una fredda serata d’inverno.
Ordinammo le nostre pizze con la solita confusione.
E poi lui cominciò a parlare.
Era partito alla lontana: dalle origini romane della sua famiglia all’assassinio di Matteotti. Si era infastidito più volte perché dimenticava nomi e ordine del tempo.
Ma il giorno in cui era stato fermato dagli uomini delle Brigate Nere e portato nella caserma del campo dei Gesuiti, vicino alle Fondamente Nove, se lo ricordava come fosse ieri.
Era con un amico al centro di Piazza San Marco.
“Da qualche tempo i marò della X Mas avevano preso l’abitudine di trascorrere la domenica mattina nel centro storico di Venezia in apparenti passeggiate con la scoperta intenzione di sottoporre i giovani che incontravano o erano di passaggio a un trattamento ispirato alle virilità marziali di cui solo loro si sentivano interpreti autorizzati. Li bloccavano d’improvviso e così li apostrofavano: «Borghesino, pappamolla … perché tu non sei alle armi? … Cos’è che fai? Vediamo i documenti!». Se trovavano, a loro parere, che qualcosa non andava ne seguiva un vero e proprio fermo di polizia. Invece se i documenti risultavano ineccepibili, con il pretesto che l’età stessa non poteva non consigliare il volontariato alle armi, ne seguiva la rasatura dei capelli”.
L’amico era stato rilasciato, lui no.
La carta d’identità sulla quale erano stati cancellati o barrati i fasci littori aveva fatto partire l’ordine di far arrivare le forbici per la rasatura ma un marò della Decima, dopo aver dato un’occhiata al documento incriminato, si era accorto che il fermato era di Roma proprio come lui e aveva fatto la benevolenza di lasciarlo andare a patto che giurasse l’arruolamento nelle loro file.
Li aveva salutati con l’accordo che sarebbe tornato nei giorni successivi, quel ragazzetto riccioluto.
Che invece si mise in fuga già dal giorno stesso non prendendosi nemmeno la briga di avvisare la propria madre. Arrivato al punto franco di Santa Marta, tramite un conoscente, era riuscito a raggiungere i boschi di Belluno dove aveva fatto il suo ingresso ufficiale tra i partigiani della divisione Garibaldi.
Aveva appena compiuto diciotto anni.
Passata la nottata, alle prime luci dell’alba, si era destato e aveva ragionato sul da farsi.
“Tante grazie per l’aiuto” aveva detto all’uomo che gli stava vicino. “Ora vado via” ma il Commissario politico l’aveva guardato di sbieco: “Ti no ti va da nessuna parte perché ti ga visto anca massa”.
Così era rimasto ed era diventato Falce, il partigiano.
La sua pizza era ancora intonsa nel piatto: il racconto continuava.
La decisione di restare a collaborare con le staffette che operavano al limitare dei boschi di qua e di là del fiume Piave era venuta in seguito a un feroce rastrellamento da parte dei tedeschi nei giorni subito dopo. Vi erano stati poi durissimi combattimenti per tutta l’estate del ‘44 tanto che la divisione era stata spezzata in due.
Tra le file della brigata Biancotto fu uno dei tanti che si prodigò per la liberazione di Venezia.
“I xe morti tuti oramai” aveva detto infine, guardando la pizza nel piatto.
Aveva bevuto un sorso d’acqua, si era asciugato la bocca lentamente con il lembo del tovagliolo e, socchiusi gli occhi, si era estraniato da tutto mentre il peso di quelle sue ultime parole restava sospeso sopra le nostre teste.
Era una sera d’inverno e Alberto Durante aveva novantadue anni.
Ha lasciato questa vita terrena questa mattina, prima dell’alba, e di anni ne avrebbe compiuti novantanove a febbraio, il partigiano Falce.
[abbraccio le sue figlie, Ornella, la mia amica più di tutto, e Silvia]

 

 

 

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