Orazioni per il 79° Anniversario dell’eccidio dei Sette Martiri

La Sezione ringrazia calorosamente Stefano Ghesini per la grafica del manifesto della commemorazione

Intervento di apertura di Nicola De Lorenzo Poz della Sezione “Sette Martiri” di Venezia

Fotografia di Giorgio Molini

Che valore ha la memoria della Resistenza 80 anni dopo la caduta del fascismo e l’inizio della guerra contro gli occupanti nazifascisti, che infuriò nel nostro paese negli ultimi due anni di guerra? Sono partito dal chiedermi cosa sia stata la Resistenza durante la Secondo Guerra Mondiale. La Resistenza è stata anche quella dei piccoli gesti, delle piccole azioni o non-azioni che negli anni, come una piccola goccia di acqua che scende costantemente hanno creato la consapevolezza che portò alla ribellione verso il regime fascista. A questo proposito vorrei leggere una riflessione tratta da “La banalità del male” di Hanna Arendt, nella quale si parla di piccoli gesti quotidiani di resistenza:

E tutto sta a dimostrare che la coscienza in quanto tale era morta, in Germania, al punto che la gente non ricordava più di averla e non si rendeva conto che il nuovo “sistema di valori” tedesco non era condiviso dal mondo esterno. Naturalmente, questo non vale per tutti i tedeschi: ché ci furono anche individui che fin dall’inizio si opposero senza esitazione a Hitler e al suo regime. Nessuno sa quanti fossero (forse centomila, forse molti di più, forse molti di meno) poiché non riuscirono mai a far sentire la loro voce. Potevano trovarsi dappertutto, in tutti gli strati della popolazione, tra la gente semplice come tra la gente colta, in tutti i partiti e forse anche nelle file del partito nazista. Di pochissimi conosciamo il nome (…) . Alcuni erano uomini profondamente miti, come un artigiano – di cui ho sentito parlare – che preferì lasciar distruggere la sua attività indipendente e impiegarsi in una fabbrica come semplice operaio pur di non compiere la “piccola formalità” d’iscriversi al partito nazista; altri consideravano il giuramento una cosa seria e preferirono rinunziare, per esempio, alla carriera accademica anziché giurare fedeltà a Hitler. (…) La posizione di queste persone, che sul piano pratico non poterono mai far nulla, era molto diversa da quella dei cospiratori. Essi avevano conservato intatta la capacità di distinguere tra il bene ed il male, non avevano mai avuto “crisi di coscienza”; certo, potevano anche appartenere al movimento di resistenza, ma non è detto che fossero più numerose trai i congiurati che tra la gente comune. Non erano né eroi né santi, tacevano. Soltanto in un’occasione la presenza di questi elementi isolati e muti si manifestò in pubblico, in un atto disperato: fu quando due studenti dell’Università di Monaco, gli Scholl, fratello e sorella, influenzati dal loro insegnante Kurt Huber distribuirono i famosi manifestini i cui Hitler era finalmente definito quello che era: un “genocida”. 

Gli ultimi partigiani ci stanno lasciando, alle nuove generazioni mancherà quindi la fortuna di conoscere le testimonianze dirette dalla loro viva voce. Ma le loro idee ed i loro racconti rimangono su questa terra. Deve rimanere il coraggio delle loro scelte, compiute in situazioni dove l’alternativa più semplice c’era eccome, ovvero lo schieramento con il regime e con i nazi-fascisti di Salò. Rimaniamo, noi tutti, decisi a portare avanti quegli ideali e a resistere ogni giorno della nostra vita.
La Resistenza si coltiva ogni giorno, nelle piccole cose, rifiutando ciò che non è giusto, rifiutando l’indifferenza che nuoce ben più di altre cose. Abbiamo perciò il dovere di ribellarci a ciò che non è giusto, a ciò che tentano di imporci come migliore per noi. I problemi della nostra epoca vanno affrontati con coraggio e superando i muri intergenerazionali ed intersociali, tutti assieme, tenendoci idealmente per mano e difendendoci vicendevolmente. Non basta contrastare solamente la perdita di memoria, ma dobbiamo anche impegnarci per preservare la dignità, che è facile far svanire attraverso troppi “SÌ” incondizionati.
Dobbiamo impegnarci in ogni nostro gesto a difendere la libertà della quale godiamo. È una promessa che dobbiamo fare a coloro che hanno lottato duramente per essa, a noi stessi e alle generazioni future.
Viva i 7 Martiri, che camminano ancora ogni giorno nelle nostre coscienze!


Intervento della Presidente ANPI “Sette Martiri”, Enrica Berti, alla commemorazione ufficiale
in Riva Sette Martiri 
per il 79° dell’ECCIDIO DEI SETTE MARTIRI

Buongiorno alle autorità presenti, buongiorno a tutte e a tutti e grazie di essere qui.

Circa un mese fa, rientrando da Roma in treno, ho voluto leggere le schede e osservare i volti dei 335 trucidati alle Fosse Ardeatine.

Come già sottolineato sapientemente da Alessandro Portelli nell’intervento per la Festa della Repubblica di quest’anno a Roma, i 335 uomini che hanno condiviso quella tragica e orrenda morte, furono l’espressione di una compagine sociale, una comunità, che ancor oggi noi sentiamo di essere tale grazie anche al fatto che le “tappe della memoria come l’eccidio dei 13 Martiri (e dei 7 Martiri) [la] costruiscono”, come ci ha ricordato Marco Borghi sotto la lapide il 28 luglio scorso.

Dicevo, i 335 Martiri furono l’espressione di una comunità sociale che – ad ogni livello – si era resa conto che il ventennio aveva modificato la percezione dei valori umani: discriminazione, guerra, misoginia, razzismo … erano infatti divenuti valori di Stato che la società civile non poteva certo continuare a condividere.

La comunità si ribellò nella sua interezza, la scheda di ogni martire ne riporta il ruolo sociale: imbianchini, avvocati, fabbri, notai, postini, generali dell’esercito regio, pastori, professori di liceo, meccanici, imprenditori, macellai, studenti … 10 i foresti e tra loro 3 nati a Berlino.

Due i veneziani: oltre a Manfredi Azzarita, anche Aldo Eluisi che all’età di 3 anni si era trasferito a vivere a Roma con la famiglia, fece il pittore e (iscritto al Partito d’Azione) fu uno dei primi a subire la ferocia fascista con una pugnalata alla schiena.

Ecco, per 4 ore ho osservato quei volti, quegli occhi, in foto scattate per un documento e quindi tutti loro si saranno messi l’abito “buono” e avevano magari fatto pure un passaggio dal barbiere, proprio come facciamo noi oggi. Scrutando quegli sguardi ho cercato di immaginare le loro emozioni, le loro gioie e le loro paure. Ho cercato di immaginare alcuni momenti del loro quotidiano, delle loro vite sacrificate per ciascuna e ciascuno di noi. Vite sacrificate per il Paese, sangue versato con cui è stata scritta la Costituzione che ancor oggi guida la nostra Repubblica e che non dobbiamo permettere di stravolgere.

Osservando quei volti, cercavo di intuire il loro ultimo pensiero prima di cadere sui corpi dei loro compagni di morte. Avranno avuto paura? Avranno pensato ai loro figli, alle mogli, alle madri … al Paese per cui si stavano sacrificando? Chi lo sa…

Noi però sappiamo bene quale fu l’ultimo pensiero di Alfredo Vivian su questa riva. Fu forse l’unico dei Sette Martiri che – avendo già avuto una condanna a morte per un soldato tedesco ucciso a Piazzale Roma qualche tempo prima – ebbe modo più volte di pensare alla sua fine e al senso che aveva voluto dare al suo agire da Combattente per la Libertà.

Sappiamo che Alfredo, reggendosi faticosamente in piedi per le torture subite, poco prima della scarica di pallottole urlò:

VIVA L’ITALIA LIBERA!

Certo, LIBERA da una dittatura che seppe offrire al suo popolo solo odio, fame, distruzione e morte.

Certo, libera dal giogo nazifascista.

Fotografia di Filippo Nappi

E quando dico “giogo” intendo proprio quello strumento cui vengono legati i buoi, obbligati ad una direzione senza possibilità di cambiarla. Un “giogo” cui gli stessi fascisti si sottoposero poiché, incapaci di una propria autonomia di pensiero, vollero un capo che li guidasse a prescindere da ogni scelta.

Mi sono sempre chiesta come sia stato possibile che un popolo abbia potuto raggiungere un livello di disumanità (e indifferenza) tale, da perpetrare gli orrori che conosciamo e contribuire allo sterminio di milioni di persone. L’annullamento volontario del proprio pensiero è l’unica modalità che credo plausibile per ciò che accadde.

Non posso però nascondere che, quando la Presidente del Consiglio Meloni, a Cutro, ha chiesto ai sopravvissuti afghani (afghani, ci tengo a ricordarlo per riportarci alle immagini che nell’estate 2021 giungevano sui nostri schermi TV), ha chiesto ai sopravvissuti “conoscete i rischi legati alle traversate?” ho avvertito la stessa incredulità e imbarazzo di Guido che, nel film “la vita è bella”, vede crollare la speranza di salvezza per sé, sua moglie e suo figlio, quando il capitano medico nazista disperato gli chiede la soluzione di un indovinello. Vi ricordo le testuali parole “…aiutami, Guido, per amor del cielo! aiutami … non riesco a dormire…”.

VIVA L’ITALIA LIBERA! urlò Vivian

LIBERA, ovvero composta da donne e uomini liberi. e ciò venne tradotto sapientemente dall’Assemblea Costituente negli artt. 1 e 4 della Costituzione.

Sandro Pertini (il nostro amatissimo Presidente) ripeteva con forza:”non si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli ed educarli”

LIBERTÀ è lavoro.

La libertà invocata da Vivian significava lavoro per tutte e tutti. Significava dignità nel compierlo e nella retribuzione. Per tale ragione dobbiamo pretendere con più forza lo STOP alle morti bianche (che sono, in realtà, omicidi legalizzati, lasciatemelo dire!); dobbiamo pretendere lo STOP al lavoro nero, riducendo la tassazione sul lavoro, con una reale lotta all’evasione fiscale che non si persegue certo con lo scudo fiscale per gli evasori e l’annullamento del reddito di cittadinanza!

Dobbiamo pretendere con più forza la promulgazione della legge sul salario minimo garantito, che è una questione di civiltà e non di interesse di categoria.

Civiltà è Libertà.

VIVA L’ITALIA LIBERA! urlò Vivian

LIBERA come scritto negli artt. 2 e 10 della Costituzione.

“..tutela dei diritti inviolabili dell’uomo … adempimento di solidarietà politica, economica e sociale … lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica.”

E il 30 luglio scorso (e fu il 30 luglio di 79 anni fa il giorno in cui Bruno De Gasperi, Girolamo Guasto e Alfredo Gelmi vennero catturati in un bar di Venezia per la delazione di 3 donne) ci ritroviamo a sentire che più testimoni parlano di un “elicottero bianco con la coda rossa” che volava sopra il barcone naufragato poi davanti a Cutro.

Aliprando, Gino, Bruno, Alfredo, Luciano, Girolamo e Vivian hanno dato la vita perché il nostro Paese fosse in grado di rispettare la vita di chiunque. Di chiunque!

VIVA L’ITALIA LIBERA! urlò Vivian

Un’Italia che non firmasse ipocriti accordi economici (è successo il 23 luglio scorso) con i Paesi da cui fuggono da morte certa i disperati che vedono in un viaggio pericoloso e angosciante l’unica possibilità di sopravvivenza. E per tale ragione racimolano ogni soldo di famiglia pagando cifre assurde per salire su un barcone. Solo 100,00 euro costa un traghetto da Tunisi a Civitavecchia e 200,00 euro un volo da Tunisi a Roma. Ma ci vuole il visto d’ingresso. Così si combattono davvero i trafficanti di esseri umani.

Ma il visto spesso non viene concesso neppure ai professionisti che provengono da Paesi africani! Per esempio Obioma Adesewa Okonkwo, avvocata nigeriana, e Amira Kobusingye, attivista per il clima di nazionalità ugandese, non hanno potuto partecipare come relatrici ad un Convegno in Costa Rica la prima e alla Conferenza sul cambiamento climatico a Bonn la seconda, perché non avevano ricevuto i visti chiesti mesi prima….

La questione delle tragedie in mare si potrebbe risolvere con una organizzazione e gestione dei flussi legali di ingresso, a livello europeo, certo.

Fotografia di Giorgio Molini

Perché le migrazioni esistono da quando l’uomo è comparso sulla terra. Lo hanno così arricchito dal punto di vista genetico, culturale e sociale. Le migrazioni non si devono né possono fermare, nel 21° secolo si devono gestire per una questione di Civiltà, Umanità, Solidarietà, Giustizia e Diritto alla Vita.

I trafficanti di esseri umani si combattono davvero lottando contro l’insorgere di guerre, non alimentandole con la fornitura di armi! Vendere armi ai Paesi che vivono in uno stato di guerra è incivile e disumano. È contro il diritto alla vita!

È davvero così difficile per chi sta guidando il Paese capire che la vita di una persona è quanto di più prezioso esista???

Preziosa era la vita delle 17 Vittime della strage neofascista di Piazza Fontana del 1969.

Preziosa era la vita delle 85 Vittime della strage neofascista del 2 agosto di 43 anni fa. Preziosa era la vita della piccola Angela di 3 anni. 3 anni voglio ricordare ad una signora che si definisce donna, madre e cristiana e che ieri non si è recata alla Cerimonia di commemorazione della strage. Forse perché è consapevole che le elezioni politiche vinte dalle destre poco meno di un anno fa, l’hanno vista certo vittoriosa nella sua coalizione (il 26% del 44% ottenuto) anche grazie alla spaccatura del centro sinistra che comunque ha ottenuto la maggioranza dei voti e anche grazie al 40% di chi non si è recato ai seggi, o ha annullato la scheda o l’ha inserita “bianca” nell’urna.

La signora … donna, madre e cristiana non si è recata ieri alla Cerimonia in Onore delle Vittime di una “strage di matrice neofascista con ignobili depistaggi” come ha sottolineato il Presidente Mattarella. Forse perché consapevole che 12 milioni di italiane e italiani hanno votato per il centro destra, ma 14 milioni hanno scelto liste di centro sinistra e 17 milioni hanno delegato a chi il voto lo ha espresso. Non si è recata forse perché consapevole che gran parte delle italiane e degli italiani ieri alle ore 10:25 erano col cuore ad ascoltare i nomi delle 85 Vittime, nomi incisi su 85 pietre d’inciampo, il cui significato noi conosciamo bene.

Vite Preziose.

Preziosa era la vita dei Martiri (credo sia giusto chiamarli così) delle stragi di capaci e Via d’Amelio del 1992.

Preziosa era la vita delle Vittime delle stragi mafiose del 1993: Georgofili, S.Giovanni in Laterano, Via Palestro, S.Giorgio in Velabro…

(Quando Vivian urlò VIVA L’ITALIA LIBERA! non poteva certo immaginare che un giorno, un Governo della Repubblica avrebbe proclamato il lutto nazionale per un individuo condannato in via definitiva per frode fiscale, un individuo amico fraterno di un certo Marcello Dell’Utri. A ciascuno di voi le riflessioni in merito.)

Preziosa era la vita di Giulio Regeni e bene ha fatto Patrick Zaki a rifiutare il volo di Stato con cui, evidentemente il Governo italiano sperava di lavarsi un po’ la coscienza.

Preziose sono le vite dei rifugiati curdi a cui la Svezia, svendendo la propria dignità ad Erdogan, non offrirà più un doveroso rifugio.

Preziose erano le vite di Sandro Pertini, Silvio Trentin e Gaetano Salvemini che ottennero asilo politico in Francia, Rita Levi Montalcini in Belgio … per citare alcuni nomi illustri…

Preziosa era la vita di Leone Ginzburg, che morì a causa delle torture subite in carcere ma che disse al suo compagno di cella a Regina Coeli, Sandro Pertini:

“NOI DOVREMO DIMENTICARE LE SOFFERENZE CHE STIAMO SUBENDO, PER EVITARE DI NUTRIRE ODIO VERSO IL POPOLO TEDESCO”.

Questa la lezione di civiltà e umanità che proprio oggi, e nei giorni a venire, abbiamo il dovere di ricordare senza però intiepidire la mente dall’indignazione e dalla ribellione quando ci rendiamo conto che si sta perpetrando un’ingiustizia, a qualunque livello essa avvenga.

Grazie dell’attenzione


L’intervento finale del Presidente di Municipalità Venezia-Murano-Burano, Marco Borghi


 

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